Il ciclismo in Eritrea, la bicicletta, simbolo d’identità nazionale
La bicicletta del Corno d’Africa: come il ciclismo sia diventato parte dell’identità nazionale eritrea
Il ciclismo in Eritrea è lo sport più amato e la biciletta è diventata parte dell’identità nazionale
Geoffrey York di The Globe and Mail ne spiega il perché in un articolo che traduciamo in italiano.
La storia e il colonialismo (ndt,italiano) hanno portato lo sport in questo paese africano, ma la geografia, il clima e la cultura hanno aiutato gli eritrei ad abbracciarlo e a eccellere, e ora i suoi atleti stanno correndo in bicicletta verso il predominio mondiale.
È giorno di gare ad Asmara e tutta la città è fuori per vederle: ai lati delle strade, nelle tribune affollate, studiando espertamente i ciclisti mentre sfrecciano veloci, tifando animatamente gli eritrei in testa e incoraggiando, sportivamente, i nigeriani rimasti indietro.
Questo è il lancio della Coppa d’Africa, una nuova gara ciclistica, ma niente di inusuale qui. Gare ciclistiche si tengono quasi ogni fine settimana in Eritrea. La polizia ferma le auto per strada e stoppa anche i giovani turbolenti che scavalcano le barriere. Tuttavia per la maggior parte delle persone l’entusiasmo supera il disagio.
Il ciclismo è lo sport più importante in Eritrea. I suoi ciclisti sono i migliori in Africa e sempre più sono tra i migliori al mondo. Questo è un curioso effetto collaterale dell’unicità storica, geografica e culturale dell’Eritrea.
Gli eritrei rimasero affascinati da questo sport quando videro i ciclisti italiani correre nelle strade negli anni 30, quando il loro paese era una colonia italiana. Essi presto scoprirono che l’Eritrea ha alcuni vantaggi naturali. La capitale, Asmara, è in alta quota, a circa 2.350 metri. I suoi circuiti montagnosi e il suo clima secco hanno aiutato i suoi ciclisti a formare la propria resistenza. Gli eritrei tendono inoltre ad avere un fisico asciutto che si presta al ciclismo.
Già nel 1939 un eritreo vinse una seguitissima gara di ciclismo contro gli italiani, dando un’ulteriore spinta a questo sport. Negli anni 60 gli eritrei erano gli unici africani a competere nelle gare olimpiche di ciclismo, sebbene indossassero maglie etiopiche perché, a quel tempo, l’Etiopia aveva annesso il loro paese.
Oggi, a più di 75 anni dalla fine del colonialismo italiano, il ciclismo è diventato un elemento vitale dell’identità nazionale dell’Eritrea.
Il ciclismo è una passione di massa che fornisce motivi per festeggiare. L’unico sport rivale per popolarità è il calcio, ma da quando l’intera squadra nazionale di calcio è scappata, durante una trasferta all’estero, qualche anno fa, è venuto meno il sostegno ufficiale per questo sport.
“Non c’è un fine settimana che le strade non siano bloccate per un evento ciclistico” ha detto Damr Gebretinsae, un ufficiale della federazione ciclistica nazionale dell’Eritrea. “La gente si sorprende se le strade non sono bloccate. Il ciclismo è diventato un luogo di aggregazione nel quale la gente si incontra per parlare. È diventato una parte della vita cittadina”.
Per raggiungere la grandezza a livello internazionale, i ciclisti eritrei devono superare notevoli ostacoli. L’Eritrea è un paese piccolo e isolato, con una popolazione di soli, circa, quattro milioni di persone, tradizionalmente chiuso a molti visitatori.
Far entrare nel paese pezzi per le biciclette può essere difficile e costoso. Ottenere i visti per far uscire i ciclisti dall’Eritrea, ancora più arduo.
Nonostante ciò, l’Eritrea ha avuto una grande svolta nel 2015 quando due dei suoi ciclisti, Daniel Teklehaimanot e Merhawi Kudus, sono diventati i primi africani a competere nel Tour de France. Lo stesso anno Daniel Teklehaimanot è stato il primo africano a indossare la maglia a pois, simbolo al Tour de France, del re della montagna. E l’ha indossata per quattro giorni. I due ciclisti sono stati accolti in patria come eroi nazionali.
“L’Eritrea è l’unico paese africano che ha radici così profonde nel ciclismo”, ha detto Jock Boyer, un allenatore americano di ciclismo, nonché ex ciclista del Tour de France, che lavora nella squadra Africa Rising, con eritrei e altri ciclisti. Ogni ragazzino nel paese ha provato ad andare in bicicletta per vedere se ce la fa ad entrare in una squadra. Sono estremamente motivati e impegnati”.
Ed ora l’abilità dell’Eritrea riceve un’altra spinta. L’ accordo di pace con il suo vecchio nemico, l’Etiopia, (ndt, a luglio 2018) ha di fatto riaperto i confini con i suoi vicini, permettendo così più legami e competizioni tra due dei colossi del ciclismo africano.
“Questo creerà un grande flusso di ciclisti e corridori”, ha detto Boyer al Globe and Mail in un’intervista. “È davvero incredibile” ha aggiunto “l’apertura delle porte darà grandi opportunità. Nei prossimi anni si vedranno molti più ciclisti provenienti da Eritrea ed Etiopia”.
Dalla svolta del 2015 al Tour de France un crescente numero di eritrei sono stati ingaggiati da squadre ciclistiche in Europa, Asia e altrove. “Ha reso i corridori molto più motivati” ha detto Boyer. “Dà a tutti la scintilla della consapevolezza che ce la possono fare”.
Douglas Ryder, manager della squadra ciclistica Dimension Data, con sede in Africa, che ha contribuito, negli ultimi cinque anni, a sostenere gli africani nelle migliori gare internazionali, ricorda la celebrazione in Eritrea quando i suoi ciclisti sono tornati a casa dal Tour de France. “L’intero paese si trovava sul ciglio della strada per vederli”, ha detto in un’intervista a The Globe.
“Questi ragazzi sono diventati eroi assoluti e rock star. Come team abbiamo spianato la strada agli eritrei e ad altri paesi africani, ora altri gruppi internazionali stanno vedendo la loro bravura”.
La squadra di Ryder, la prima squadra registrata in Africa che compete nel Tour de France e in altri tour mondiali, punta ad avere, fra i suoi, il primo africano campione del mondo di ciclismo. Quasi la metà dei suoi ciclisti è di origine africana e quest’anno nel team ci sono quattro ciclisti eritrei.
“Al momento” ha detto Ryder “l’Eritrea sta formando i migliori iciclisti e gli atleti più performanti del continente africano”. ”Lo sport qui” ha aggiunto “sta crescendo in modo fenomenale. L’Eritrea, nel continente africano, è la più forte nel ciclismo. Gli eritrei hanno un talento assoluto e stanno ancora migliorando “.
Mr. Ryder dice che “l’enorme base di fan” per i ciclisti, sia in Eritrea e sia nella diaspora, è un grande vantaggio. Ma ci sono anche seri ostacoli. In un’epoca in cui l’Eritrea è stata una delle maggiori fonti di migranti verso l’Europa, ottenere visti per i ciclisti eritrei per competere all’estero è “un lavoro incredibilmente duro”.
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Phillip Crawley, editore
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