Viaggio del ministro Di Maio in Etiopia, Somalia, Kenya
22 milioni è il finanziamento italiano per progetti agricoli in Etiopia
È terminato il viaggio in Africa, dal 12 al 14 giugno del ministro degli esteri Luigi di Maio.
Prima della partenza una nota della Farnesina ne mostrava l’itinerario sulla carta geografica, con sosta prima in Etiopia poi in Kenya. A questi due paesi in seguito si è aggiunta la Somalia. #L’Africa, twitta il ministro, è una priorità per la politica estera italiana perciò, secondo le agenzie di stampa, gli incontri porteranno a un “rafforzamento delle relazioni bilaterali”.
Atterrata all’aeroporto Bole di Addis Abeba, la delegazione italiana con a capo il ministro Di Maio è ricevuta “calorosamente”, come scrive un tweet istituzionale, dal vice premier e ministro degli esteri, Demeke Mekonnen. Quindi è previsto l’incontro con il premier Abiy Ahmed e la presidente Sahle Work Zewde. In seguito con l’Igad, per “collaborazioni e progetti per la stabilità regionale e la lotta all’estremismo violento”. Poi con l’Unione Africana, la Commissaria per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale e con Vera Songwe, dell’Uneca.
Il piatto forte della missione arriverà appena dopo con l’incontro con il Ministro delle Finanze, Ahmed Shilde. È con lui infatti che Di Maio sigla il prestito di 22 milioni di euro dato dall’Italia all’Etiopia. Un finanziamento che sarà indirizzato al settore agricolo, a sostegno e sviluppo dei parchi agroindustriali integrati (IAIP) in ampie zone rurali del Paese, oltre al contemporaneo aumento del numero di Centri di Trasformazione Rurale. L’obiettivo è quello di creare posti di lavoro in questo settore, migliorare il reddito degli addetti e i proventi derivanti dall’esportazione.
Un impegno quello italiano che rispecchia il pensiero della Farnesina verso l’Africa, come scrive prima della partenza lo stesso Di Maio in una lettera indirizzata al direttore del quotidiano Avvenire. “Il Continente africano rappresenta da tempo un’assoluta priorità della politica estera italiana”. Ecco spiegato il motivo del breve viaggio. L’Africa è un “continente verticale” interconnesso con Europa e Mediterraneo, perciò le “sfide comuni” andranno affrontate con “soluzioni condivise”. E in questo contesto l’Italia sarà il “ponte” su cui far transitare la collaborazione. Sempre che sia “partner credibile”. Una credibilità che sarebbe testimoniata dalle ventitré missioni del ministro in Africa, più quelle della vice ministra Marina Sereni, di cui l’ultima in Etiopia, mentre il paese era in festa nel ricordo della vittoria di Adua…
Ora per l’Africa si devono vedere le opportunità ma anche le sfide, spiega il Ministro, il radicalismo, l’estremismo e il “fenomeno migratorio”, che l’Italia ben conosce.
Una lettera breve ma puntuale nella quale però non si parla di guerre. Per esempio nessun accenno a quanto sta accadendo in Etiopia tra governo e Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (Tplf). Una situazione che nel corso di questi ultimi due anni, dopo lo scontro innescato dall’ex partito di governo, ha coinvolto le popolazioni di almeno tre aree, Tigray, Amhara e Afar, provocando una gravissima crisi che sta coinvolgendo oltre 10 milioni di persone, e la cui lunga ombra lambisce anche la capitale. Ad Addis Abeba oggi la gente vive peggio di due anni fa. Inflazione e disoccupazione sono i mali del momento, anche se le notizie frammentate che escono dal paese non permettono di avere un quadro chiaro della situazione.
Tuttavia l’Occidente leggendo Le Monde pensa che la pace sia alle porte, dopo una tregua incerta. Secondo fonti diplomatiche occidentali e africane che hanno parlato con il giornale francese, le discussioni di pace potrebbero iniziare in Tanzania a fine giugno. Questo il motivo dei molteplici viaggi in Etiopia, tra Mekelle e Addis Abeba, di Olusegun Obasanjo, ora inviato speciale per il Corno d’Africa dell’Unione Africana (UA). Dietro “negoziati segreti” vi sarebbe il lavoro di cancellerie occidentali per mettere fine al conflitto e alla crisi umanitaria nel paese. Intanto la Banca Mondiale ha dato all’Etiopia 300 milioni di dollari, mentre a fine giugno l’Unione Europea dovrà stabilire come finanziare la ripresa del paese, sempre che le aspettative di pace siano state soddisfatte.
Sui colloqui di pace Getachew Reda, portavoce del Tplf, twitta che loro non rinunceranno alla zona di Welkait, tornata ad essere Amhara, se questa fosse una condizione preliminare.
Una posizione propensa alla pace, forse senza precondizioni, sembra invece quella espressa in una lettera pubblicata in rete qualche ora fa dal presidente del Tigray Debretsion Gebremichael, che confiderebbe nel governo del Kenya per una mediazione.
Quanto al lavoro in corso per una pace “segreta” però, è arrivata la smentita del premier Abiy che, rispondendo in Parlamento, assicura che diversamente da quanto scritto da Le Monde non ci sono “negoziati” di cui il popolo non è a conoscenza. Si è annunciata la guerra e, quando ci sarà, si annuncerà la pace, dice. Nel frattempo per preparala è stato formato un “comitato” apposito.
Sempre in queste ore Desalegn Chane, rappresentante Amhara ha detto che i negoziati di pace dovrebbero comprendere loro stessi e l’Eritrea, poiché entrambi hanno combattuto a fianco dell’esercito etiope contro l’attacco del Tplf.
Lasciata Addis Abeba la delegazione italiana continua il suo viaggio verso la Somalia, prima missione dopo quella del 2012 di Giulio Terzi, allora ministro degli esteri. Qui Di Maio saluta il contingente italiano EUTM-S, incontra i rappresentanti della comunità italiana, quindi è ricevuto dal presidente della Repubblica Hassan Sheikh Mohamud. I tweet istituzionali somali sottolineano le “relazioni amichevoli tra i due paesi”.
Infine per la delegazione italiana è la volta del Kenya, tappa che metterà termine alla missione in Africa Orientale. A Nairobi Di Maio incontra prima la ministra degli esteri Raychelle Omamo, quindi il presidente Uhuru Kenyatta. Parte del programma è l’incontro con gli imprenditori italiani presenti nel paese e la visita alla Smart City, un progetto iniziato nel 2018, finanziato da Sace e Simest (Gruppo Cdp) insieme a un gruppo di banche guidate da Unicredit, che prevede la realizzazione di un quartiere per 200mila residenti, con poli universitari e di ricerca.
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