Pace tra Eritrea ed Etiopia e nuove relazioni con l’Italia
PACE TRA ERITREA ED ETIOPIA E NUOVE RELAZIONI CON L’ITALIA
La pace tra Eritrea ed Etiopia, firmata lo scorso 9 luglio ad Asmara, modifica le relazioni internazionali, anche con l’Italia.
Prima dell’accordo di pace e dell’avvio delle nuove relazioni, l’Italia ha mantenuto rapporti politici e commerciali più stretti con l’Etiopia, altalenanti invece con l’Eritrea.
Così è emblematico che proprio durante la II Conferenza Italia-Africa del 25 ottobre scorso, l’Italia abbia espresso chiaramente la sua vicinanza a Eritrea ed Etiopia, “congratulandosi per il nuovo corso”.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella inoltre ha ricordato i suoi viaggi di Stato in Africa, compiuti nel 2016. Paesi visitati Camerun, Sudafrica, Congo, Senegal, Ghana ed Etiopia, non l’Eritrea.
Era ancora il tempo, infatti, in cui la decisione etiopica di rifiutare gli Accordi di Algeri (2002) aveva fatto terra bruciata, con il consenso americano, intorno all’Eritrea.
Terminata la guerra sul campo (1998-2000), l’esercito etiopico decide, infatti, di continuare a occupare i territori contesi. C’è un accordo “definitivo e vincolante” che stabilisce siano eritrei ma l’Etiopia non lo rispetta e la comunità internazionale non interviene.
Dovranno passare vent’anni, con un cambio di governo in Etiopia, perché quanto stabilito ad Algeri non resti lettera morta.
Analizzando il processo di pace tra i due paesi lo studioso Luca Puddu dice che è la transizione politica etiopica ad aver permesso il ravvicinamento all’Eritrea.
La pace infatti arriva quando il potere passa dalle mani dell’élite Tigray, al premier Abiy Ahmed.
Un politico giovane appoggiato dai gruppi Amhara e Oromo, cui anch’egli appartiene.
Il nuovo primo ministro decide immediatamente che i tempi sono maturi per fare profondi cambiamenti, dentro e fuori dall’Etiopia.
Esautorata parte della vecchia guardia tigrina, che ha tratto vantaggi dall’isolamento dell’Eritrea, il premier Abiy già con il suo discorso d’insediamento, tende una mano al vicino Paese.
Con l’arrivo di Abiy, dice il ministro degli esteri eritreo Osman Saleh, nel suo intervento alla Conferenza Italia-Africa, “l’Etiopia accetta incondizionatamente gli Accordi di Algeri”. Per questo motivo, spiega, l’Eritrea poco dopo invia una delegazione ad Addis Abeba. In seguito è il primo ministro Abiy ad andare ad Asmara dove firmerà l’accordo di pace.
Una pace rapidissima che coglie il mondo e l’Italia di sorpresa.
Con la mutata situazione innescata dal nuovo corso, anche l’Italia decide che è arrivato il momento di riprendere i rapporti con l’Eritrea.
Proprio per capire l’importanza delle parole dette a Roma dai politici italiani sulla pace e sulle future relazioni tra Italia ed Eritrea, è utile ricordare il recente passato.
Subito dopo il referendum del 1993, Italia ed Eritrea nominano i reciproci ambasciatori. Le relazioni politiche e diplomatiche restano ottime fino al 1998, anno dello scoppio del conflitto con l’Etiopia. Nel 1996 i due paesi firmano un Trattato di Amicizia.
In questi anni tra Roma e Asmara ci sono visite e colloqui. Anche l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi andrà diverse volte in Eritrea. Si programmano investimenti italiani per infrastrutture, energia, sanità.
Nel maggio 1998, però, lo scoppio della guerra tra Eritrea ed Etiopia blocca tutti i progetti.
Che non riprendono neppure al termine del conflitto, nel 2000.
E il 13 aprile 2002, dopo la decisione sul confine tra i due paesi, l’Italia si schiera con l’Etiopia che rifiuta l’Accordo e chiede un nuovo “dialogo politico”.
Da quel momento, fino alla Conferenza della Farnesina, i rapporti tra Italia ed Eritrea, salvo sporadiche eccezioni, sono freddi. Un gelo interrotto dalla visita del premier Giuseppe Conte lo scorso settembre.
“Il viaggio”, dice Conte riferendosi alla visita nel Corno d’Africa, “ha rafforzato la mia speranza sul futuro dell’Africa”.
“Ho incontrato i leader di due paesi che, dopo un ventennio di guerra, hanno affrontato, con coraggio, un percorso di riconciliazione dalle enormi prospettive”, spiega Conte. La sua è anche la prima visita di un leader occidentale dopo la pace tra i due paesi.
Una pace che sta coinvolgendo anche gli altri paesi vicini.
Merito della Conferenza Italia-Africa è aver messo al centro degli interventi, per la prima volta, proprio la pace tra Eritrea ed Etiopia e la sua importanza per il futuro dell’intera area del Corno d’Africa.
Il presidente della Repubblica Mattarella ha detto che “l’accordo di pace tra Eritrea ed Etiopia, con il coinvolgimento della Somalia, ci consente per la prima volta dopo vent’anni, di parlare di sviluppo condiviso”.
Proprio grazie all’accordo di luglio firmato ad Asmara, arriva infatti nella capitale eritrea, per la prima volta dopo l’indipendenza, il presidente della Somalia, Mohamed Abdullahi Mohamed.
Ed è anche per il suo appoggio che la missione dei tre ministri degli esteri somalo, eritreo ed etiopico a Gibuti ha esito positivo. Con il riavvicinamento di Eritrea e Gibuti.
Dunque, dice il ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi, l’Italia ora può collaborare alla crescita del continente africano. Una condizione resa ancor più sicura dalla pace tra Eritrea ed Etiopia.
Roma, Italia-Africa, un momento della conferenza stampa del ministro degli esteri Enzo Moavero
Una pace, aggiunge il vice ministro degli esteri Emanuela Del Re, che a breve andrà in Eritrea, frutto della volontà dei leader dei due paesi.
Non potevano mancare in questo contesto gli interventi dei due ministri degli esteri eritreo ed etiopico.
L’Africa per il proprio futuro vuole la pace. Questa, per il ministro degli esteri etiopico, Workneh Ghebeyeuh, è la parola chiave alla base dello sviluppo.
“L’Africa oggi” dice il ministro, “vuole pace e prosperità”. “l’Etiopia” continua “ha avviato un processo per la pace e il partenariato che sta portando risultati concreti in tutto il Corno d’Africa”. La speranza è che anche il Sud Sudan segua presto questa linea di pace.
“L’Africa vuol far tacere le armi nel 2020”, dice “Ci riusciremo? Nonostante lo scetticismo di molti, proprio il processo di pace straordinario tra noi e l’Eritrea dimostra che ciò è possibile”.
Pace, sicurezza e stabilità non sono solo parole quando poggiano sulla volontà politica.
La pace tra Eritrea ed Etiopia dimostra inoltre che gli africani, dice il ministro Workneh, sono in grado di risolvere da sé i propri problemi.
L’Etiopia sta facendo la sua parte. Quello che ci si aspetta però è il sostegno dei partner europei. Tra questi anche l’Italia, che per i suoi legami storici può avere un ruolo primario nel processo di sviluppo e crescita.
Sul ruolo dell’Italia, partner ben accetto, si esprime anche il ministro degli esteri eritreo, Osman Saleh. L’Italia, dice, può avere un ruolo, sia per gli antichi legami storici, sia per quelli politici, come dimostrato dalla recente visita di Conte.
La pace tra Eritrea ed Etiopia, continua il ministro Osman Saleh, non è stata solo un incontro fra persone ma una condivisione di pensieri, di obiettivi.
Per questo non ha avuto bisogno di mediatori. Mediazioni che in passato erano fallite. Non è vero neppure, dice, che ci siano stati negoziati dietro le quinte.
Il risultato positivo è stato raggiunto dai due paesi alla luce del sole.
Eritrea ed Etiopia non hanno solo stipulato la pace, spiega, hanno già iniziato a lavorare insieme per accordi di cooperazione. Un’agenda fitta, per recuperare parte del tempo perduto.
Primo risultato la riapertura delle frontiere, che ha permesso la libera circolazione di merci e persone.
L’Italia, promette la Conferenza Italia-Africa, darà il massimo sostegno alla pace tra Eritrea ed Etiopia.
Un dialogo iniziato con l’incontro tra il ministro Moavero e i ministri degli esteri di Eritrea ed Etiopia, in margine all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite lo scorso settembre.
Per l’Eritrea un altro punto a favore, dopo il processo di pace, potrebbe arrivare tra pochi giorni, quando il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si riunirà per stabilire se rinnovare o far cadere le sanzioni emanate nel 2009.
Dopo la pace tra Eritrea ed Etiopia per la rimozione delle sanzioni si sono già espressi in molti, cominciando dallo stesso premier Abiy.
Anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, in visita ad Addis Abeba aveva dichiarato, lo scorso luglio, che i motivi che avevano portato alle sanzioni non esistevano più.
Marilena Dolce
@EritreaLive
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