Dall’Eritrea all’Italia per riscoprire le opere di Nenne Sanguineti Poggi
Asmara, la chiesa copta Enda Mariam con i pannelli di Nenne Sanguineti
Dall’Eritrea all’Italia è il viaggio necessario per vedere le opere di Nenne Sanguineti Poggi.
Arrivati ad Asmara, passeggiando per le sue strade è impossibile non vederne subito alcune, e per farlo non è necessario entrare in un museo. Basta aggirarsi per il mercato, per poi ritrovarsi davanti alla chiesa copta di Enda Mariam. Sulla sua facciata ci sono, realizzati da lei, sette bellissimi pannelli in mosaico, alti circa sei metri. Così come suo è il lungo perimetro esterno al Cotonificio ZA.ER, un tempo Barattolo, decorato con piastrelle che raccontano il lavoro di raccolta, filatura e tessitura del cotone.
Oppure la scuola Agazien, i cui decori, con pannelli ceramici dipinti. erano stati commissionati dall’imperatore Heilè Selassiè.
Finora, però non è stato facile riconoscere il lavoro di Nenne Sanguineti ad Asmara.
Persino Vittorio Sgarbi che quest’estate, guida alla mano, ha fatto un breve viaggio in Eritrea, non sapeva che l’artista degli angeli decò sulla facciata della chiesa copta, fosse un’italiana, Nenne Sanguineti, appunto. Così ha spiegato intervenendo a Milano al recente convegno sull’artista.
Il critico Vittorio Sgarbi alla presentazione della mostra
E questo è in realtà il motivo che ha spinto la famiglia, il figlio Vincenzo e la nipote Deborah, con la Fondazione Nenne Sanguineti Poggi, a promuovere in Italia una mostra e un convegno che intendono far conoscere l’artista, la sua vita e gli anni di lavoro in Eritrea.
Nenne Sanguineti nasce a Savona nel 1909, morendo, quasi centenaria, nel 2012. Una parte importante della sua vita la passa in Eritrea, con la famiglia, cogliendo volti, colori e luoghi del paese che tanto ha amato.
Da giovanissima vive in una casa con lo stemma nobiliare di famiglia sulla facciata e della quale, nella sua biografia scrive,citando Gertrude Stein, “in tempi in cui non si faceva altro che salire e scendere le scale, io ero nata in una casa già provvista di ascensore”.
La svolta però, che avviene nel 1937, non la prende impreparata. Sposa
per procura di Tito Sanguineti, che raggiungerà ad Asmara, in Eritrea, Nenne, oltre all’Italia, si lascia alle spalle le regole della società del tempo, che già le andavano strette.
“Le due sorelle”, dice il figlio Vincenzo riferendosi a mamma e zia, “sposano due fratelli. Mia mamma e mio papà che si erano conosciuti a Savona decidono di sposarsi per procura perché nel 1935 mio papà era andato a lavorare in Eritrea, per l’Agip”.
“Mio zio Giorgio”, continua Vincenzo Sanguineti, “diceva sempre che aveva sposato due donne, perché aveva accompagnato mia mamma all’altare, dopo averne sposato Marcella, la sorella”.
In attesa dell’arrivo della moglie, Tito affitta casa a Ghezza Banda, quartiere europeo di Asmara, presentando l’impegno per le nozze, perché nel 1937, come scapolo, non avrebbe altrimenti potuto avere una casa, così spiega il figlio.
La famiglia, presto allietata dalla nascita di Vincenzo, non fa in tempo ad ambientarsi che, allo scoppio della II guerra mondiale, dovrà rientrare in Italia.
“Di quel periodo” dice Vincenzo Sanguineti “non ricordo quasi niente. Ero piccolissimo. Però, pensandoci, sento ancora sulla pelle il calore della tata eritrea che mi teneva in braccio”.
Quando la guerra finisce, e con essa la colonia italiana in Eritrea, i Sanguineti decidono di ritornarvi.
È il 1948 e in Eritrea è iniziata l’amministrazione inglese.
Dopo alcuni lavori precari, il padre trova occupazione come responsabile amministrativo, presso il cotonificio Barattolo. La sua sede però è Alghidir, al confine con il Sudan, dove ci sono le piantagioni di cotone. Nenne, invece, all’inizio cerca lavoro come segretaria, per poi decidere di dedicarsi alla vera vocazione, la pittura.
“Avevo dieci anni quando sono tornato ad Asmara” ricorda Vincenzo, “abitavamo vicino alla stazione radio americana, Kagnew Station. Per me, che avevo negli occhi gli orrori della guerra vissuti in Italia, l’Eritrea era un paese magico. Un paese bello, dove si viveva tranquillamente e in semplicità”.
Nenne Sanguineti, intanto, oltre a dipingere, tenta la tecnica del mosaico. “Quasi per un esperimento avevo provato a eseguire un mosaico, spaccando le tessere di produzione industriale per rivestimento di pareti di una ditta italiana”. Così scrive riferendosi alle piastrelline della fabbrica di ceramica di Carlo Tabacchi, cui avrebbe dato forme artistiche, perché di volta in volta seguissero i suoi disegni.
Sono anni in cui in Eritrea lavorano ancora circa ventimila italiani, che non lasciano il paese nonostante la fine del colonialismo italiano, continuando a lavorare con gli eritrei.
Del lavoro della madre, Vincenzo Sanguineti ragazzino ricorda che “il pavimento di casa era pieno di pezzi di mosaico che dovevano andare ad Axum. Così si camminava tra la testa della regina di Saba e l’abito di re Salomone”. Axum, in Etiopia, è una commessa importante che Nenne Sanguineti riceve grazie al progettista italiano, Arturo Mezzedimi. Il compito di Nenne sarà quello di decorare le pareti della chiesa di Santa Maria. Un lavoro ciclopico, quattro pannelli di venti metri quadrati ciascuno. Tempo per la realizzazione novanta giorni.
Poi ancora, sempre per l’Imperatore Heilè Selassie, su invito di Mezzedimi, arriva l’incarico di dipingere l’Africa Hall di Addis Abeba.
Sono, come lei stessa ricorda, anni di grande successo professionale.
Tuttavia i momenti che nella biografia racconta con maggior affetto sono quelli che la vedono in partenza da Asmara verso Alghidir.
Un viaggio lungo per raggiungere il marito nella casa vicino alle piantagioni di cotone. “Non una vera casa ma un tetto di paglia pressata. Senza vetri, con musharabie fatte di foglie di palma dum a spina di pesce”, scrive.
La si immagina chiudere il cancello della villetta di Asmara, caricare cavalletto e colori sul Maggiolino, quindi partire alla ricerca di immagini e volti che entreranno, in seguito, nei moltissimi dipinti.
Nenne dipinge usando i colori dell’Eritrea: il rosso della terra ferrosa dell’altopiano, le velature del khamsim, il bianco delle nezelah. E poi ancora il viola delle buganville, il verde delle palme e dei sicomori. Infine i colori accesi dei vestiti delle donne bilene.
“Le ragazze bilene sono bellissime”, dice Vincenzo che ricorda di aver una volta accompagnato la mamma a Keren, città del bassopiano.
“Mia mamma voleva dipingere le giovani donne che toglievano dai sacchi i semi per pulirli, quindi si era messa in fondo al magazzino. Le guardava e intanto le ritraeva. Una volta finito il lavoro, mi dà la tela per aiutarla a portar fuori cavalletto e colori. Le ragazze però erano curiose. Volevano vedersi ritratte. Si avvicinano a me e per guardare il dipinto mi “abbracciano”… Erano così belle, e io così imbarazzato, che ricordo ancora adesso mia mamma che osserva la scena ridendo”.
Di Asmara Nenne Sanguineti si innamora subito. È una città bellissima, dice, dove la vita scorre tra negozi, cinema, caffè, alberghi, scuole, bar e persino un teatro.
Una città frutto del lavoro comune di italiani ed eritrei che lei dipingerà spesso come sfondo delle attività quotidiane.
Gli uomini che disegna portano sulle spalle il bastone per cacciare i serpenti. Le donne vanno al mercato con la zembil, la borsa della spesa fatta di fili di palma intrecciati.
La vita eritrea dipinta nei suoi quadri è fermata nel tempo, pur rimanendo attuale.
Le ragazze che ritrae sono minute, eleganti nei tratti, ben vestite, con un giro di perline intorno alle caviglie sottili, sandali scuri ai piedi e capelli raccolti a treccine.
Nenne Sanguineti e la sua famiglia rimangono in Eritrea fino agli anni Settanta. Perché nel 1970 tutto termina, come scrive lei alludendo all’arrivo in Etiopia della giunta militare di Menghistu Heile Mariam.
Il 23 marzo 1970 si tiene in Eritrea la sua ultima mostra. Un addio prima di rientrare in Italia.
“Nenne Sanguineti è una maestra del pennello che è divenuto il miglior interprete delle sue impressioni delle bellezze di questa terra, del suo calore e dei suoi colori. Un’interprete eccellente anche dei tanti mosaici a ceramica, tempera e bassorilievo che decorano ora le pareti di chiese e importanti edifici pubblici e privati”. Così scrive il “Giornale d’Eritrea” per salutarla.
“L’Eritrea è il paese dove sono nato e dove ho vissuto a lungo con i miei genitori” dice Vincenzo Sanguineti. “Un paese bello” prosegue “che non è mai scomparso dalla mia vita. La patria adottiva. Lontano mi sono sentito spesso straniero”.
Anche Nenne Sanguineti ha amato l’Eritrea, la dolcezza di un paese che le ha permesso di dipingere anche i paesaggi dell’anima.
Dalla partenza della famiglia Sanguineti ad oggi l’Eritrea ha vissuto molto intensamente. Un tempo denso di avvenimenti, scandito da almeno due date fondamentali, la conquista dell’indipendenza nel 1991 e la pace con l’Etiopia nel 2018, quasi vent’anni dopo il conflitto del 1998-2000.
Un’altra data significativa è l’inclusione Unesco, del 2017, di Asmara tra i patrimoni dell’umanità
Un riconoscimento che premia gli eritrei che hanno sempre sentito propria la città e gli italiani che l’hanno in gran parte progettata. Ma anche un riconoscimento per l’opera di persone speciali, come Nenne Sanguineti Poggi, che ha consegnato agli edifici decorati con i suoi mosaici una bellezza universale, comprensibile a tutti, anche senza conoscerne la firma.
Marilena Dolce
@EritreaLive
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