Eritrea, ad Asmara visita di Stato del presidente della Somalia
Ad Asmara, in Eritrea, visita di stato del presidente della Somalia Mohamed Abdullahi Mohamed ricevuto dal presidente Isaias Afwerki.
È ripartito da Asmara il 30 luglio, dopo una visita ufficiale di tre giorni, il presidente della Somalia Mohamed Abdullahi Mohamed.
L’invito del presidente eritreo Isaias Afwerki è arrivato a poca distanza dalla visita del 9 luglio scorso del primo ministro etiopico Abiy Ahmed.
Un incontro che si era concluso con la firma ad Asmara della dichiarazione di pace e amicizia. Mettendo fine, in questo modo, alla situazione di guerra fredda conseguente al conflitto del 1998-2000. E al mancato rispetto, da parte dell’Etiopia, dell’Accordo di Algeri (2002) che assegnava le zone contese all’Eritrea.
Prima del viaggio ad Asmara il responsabile della comunicazione del presidente somalo, Abdinur Mohamed, ha twittato che “la Somalia è pronta a scrivere un nuovo capitolo nelle relazioni con l’Eritrea”.
Un capitolo il cui incipit è la firma posta dai due presidenti, somalo ed eritreo, per una dichiarazione congiunta di rapporti fraterni e di cooperazione globale.
Ciò significa che tra i due paesi riprenderanno le relazioni diplomatiche. Si apriranno le rispettive ambasciate. Ci sarà un comune impegno di collaborazione per la pace, la stabilità e l’integrazione economica a livello regionale. Premessa a tutto ciò il sostegno eritreo per l’indipendenza politica, la sovranità e l’integrità territoriale della Somalia.
Nel discorso di benvenuto ufficiale il presidente Isaias ha ripercorso storia e legami fra i due paesi. Le vicende coloniali e postcoloniali. I momenti difficili superati. Quella tra Somalia ed Eritrea, ha detto, è una speciale fratellanza rimasta salda anche nei tempi bui.
Non abbiamo dubbi, dice il presidente eritreo in chiusura di discorso, che il popolo somalo sarà vicino a quello eritreo ed etiopico nel comune positivo percorso.
Del resto in questi anni l’Eritrea ha respinto, con forza, l’accusa di aiutare il terrorismo somalo di Al Shaabab. Un’accusa che, pur senza prove, le sta ancora costando le sanzioni Onu.
Con la pace tra Eritrea ed Etiopia e i rapporti distesi con la Somalia, il prossimo tassello internazionale potrebbe essere, appunto, la revoca di tali sanzioni stabilite nel 2009.
Una richiesta già sponsorizzata dal premier Abiy in un incontro ad Addis Abeba, seguente alla pace, con il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Stesso parere espresso dal presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed, durante la visita ad Asmara.
Questa visita in Eritrea è stata, per il presidente somalo, la prima visita ufficiale dopo l’indipendenza dell’Eritrea nel 1991. Ed è anche la prima visita di un capo di stato dopo la pacificazione con l’Etiopia.
Per il Corno d’Africa si sta aprendo uno scenario nuovo che lascia immaginare migliori prospettive rispetto al passato.
Tuttavia il cambio al vertice del governo in Etiopia, pur avendo rappresentato una svolta positiva all’interno del paese e nella regione, non è privo di attacchi.
La parte Weyane della vecchia guardia tigrina sta accettando a fatica la pace e la perdita di privilegi acquisiti negli anni. Dopo la cacciata di Menghistu, il Tplf, infatti, ha sempre avuto la maggioranza nel paese, pur rappresentando un’etnia minoritaria.
Lo scorso 22 giugno, mentre nella centrale Meskel Square di Addis Abeba, si scandivano slogan pro Abiy, sono stati lanciati ordigni esplosivi verso il palco. Un attacco evidente al cambiamento in corso.
Un cambiamento che ha il volto del premier Abiy, di etnia oromo. Un politico giovane e capace che, con il suo insediamento, ha messo fine ai violenti disordini e alle manifestazioni di protesta che avevano costretto l’ex primo ministro Heilemariam Desalegn a chiedere lo stato d’emergenza.
Tuttavia, proprio mentre ad Asmara si festeggiava l’arrivo del presidente somalo, ad Addis Abeba si dava l’ultimo saluto, con un funerale di stato, all’ingegner Simegnew Bekele, responsabile della più grande diga africana, la Grand Ethiopian Renaissance Dam.
L’ingegnere è stato trovato morto in Meskel Square, al volante della sua auto, una Toyota Land Cruiser. La polizia ha dichiarato che aveva una ferita di arma da fuoco alla testa.
A proposito della diga, l’ingegnere a maggio aveva detto al New York Times che “è il nostro bambino”. Aggiungendo che a pensarla così non era solo lui ma tutti gli etiopici.
Una diga, costata moltissimo, che una volta terminata raddoppierà l’attuale produzione di energia.
Ma che ha creato una tensione con l’Egitto che teme, con lo sbarramento, di perdere i privilegi del Nilo.
Una tensione che il primo ministro Abiy sta cercando di smussare con incontri bilaterali.
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