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Il treno dei desideri corre in Eritrea

Marilena Dolce
28/03/12
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Il treno dei desideri, mostra fotografica a cura della Rivista Africa
Festival Cinema Africano Asia America Latina,
Milano 19-25 marzo 2012

A Milano la rivista Africa, il magazine bimestrale dei Padri Bianchi ha festeggiato con una mostra fotografica nell’ambito della 22° edizione del festival i suoi primi novant’anni.

La Mostra Good Morning Africa, allestita nel vecchio Casello di Porta Venezia, una porta d’ingresso alla città, ha presenta al pubblico quaranta fotografie di “un’Africa come non l’abbiamo mai vista”.

Gli scatti dei fotografi hanno cercato di cogliere l’attimo per raccontare momenti importanti di una storia che non è più possibile considerare “solo” africana perché investe anche l’Occidente.

Le fotografie hanno formato un “collage di storie inedite e palpitanti” all’interno del quale l’Eritrea ha trovato un posto con la bella fotografia di Bruno Zanzottera (Asmara, Eritrea 2011, Parallelo Zero) che propone una vecchia locomotiva della storica ferrovia eritrea, la più bella del mondo.


(Il treno dei desideri)

Tutte le didascalie della mostra sono a cura di Marco Trovato, motivo per cui rimandiamo al suo sito personale, in particolare per l’Eritrea e la sua ferrovia.

Una ferrovia che nasce a fine Ottocento per esigenze militari ma diventa subito motore di crescita sociale e civile. I binari attraversano paesaggi bellissimi, dalla costa di Massawa fino alle vette dell’altopiano (2400 metri) così difficili da raggiungere che l’apprezzamento per la capacità ingegneristica dei progettisti italiani sarà corale.

L’ingegner Emilio Olivieri, costruttore della prima tratta, scrive una relazione tecnica che diventa un emozionante racconto, un interessante documento storico-antropologico dal titolo La ferrovia Massawa Saati.

Nel 1911 il tracciato della ferrovia sale dal mare di Massawa fino ai 2500 metri di Asmara, come testimoniato da Guido Pasquali ne La ferrovia coloniale Massawa Asmara (1912).

La fine del colonialismo italiano nel 1941 e l’inizio dell’amministrazione britannica, coincidono con lo smembramento e la dissoluzione della ferrovia che, negli anni di dominazione etiope, resterà come camminamento per pastori e carovane di cammelli.

Durante il lungo conflitto con l’Etiopia (1961-1991) prima dell’indipendenza (1993) i binari svolgono anche il ruolo di copertura per le trincee. L’Eritrea liberata non dimentica le locomotive provenienti dall’Ansaldo di Genova e dalla Breda di Milano che oltre a essere ormai un simbolo nazionale sono un prezioso supporto logistico.

Isaias Afwerki, primo presidente dell’Eritrea indipendente decide di ricostruire la ferrovia. Le società estere interpellate presentano progetti interessanti ma dal costo altissimo per uno stato di nuova formazione.

http://www.youtube.com/watch?v=CzoSV0RkkzY&feature=related

Gli eritrei si mettono perciò al lavoro da soli, recuperando traversine, vagoni e tutto il materiale necessario sopravvissuto a una guerra che ha distrutto la ferrovia, non la caparbietà per riprendersela.
Il lavoro è duro e inizia con la verifica dell’integrità delle strutture (30 gallerie, 26 ponti e viadotti) con il censimento del materiale e la riapertura delle officine, ma soprattutto può cominciare grazie all’entusiasmo positivo degli anziani ferrovieri eritrei un tempo macchinisti, capi squadra, capi officina, manutentori.

Le maestranze ricostituite possono coordinare il progetto per ripartire.
Il sogno però s’interrompe nuovamente a causa dall’ultimo conflitto con l’Etiopia (1998-2000).
Oggi la linea Massawa–Asmara funziona solo su richiesta, per mostrarsi ai passeggeri. Esiste tuttavia il progetto di ripristinare il trasporto verso la costa, soprattutto delle merci leggere che non creano problemi alle gallerie esistenti.

Marilena Dolce

Marilena Dolce, giornalista. Da più di dieci anni viaggio verso il Corno d'Africa e da altrettanti scrivo ciò che vedo. Soprattutto per Eritrea ed Etiopia ma non solo. Dal 2012 scrivo per EritreaLive, notizie e racconti in diretta dall'Eritrea. Perchè per capire il mondo bisogna uscire dal proprio quartiere, anche solo leggendo.

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