Tempo di lockdown anche in Eritrea, ad Asmara e nelle altre città del paese.
Per fortuna l’infezione Covid-19 in Eritrea è sotto controllo. Il lockdown deciso lo scorso aprile 2020 sta contenendo l’espansione del virus.
L’ultimo bollettino del Ministero della Sanità, datato 5 febbraio, comunica 17 nuovi casi positivi. Il totale dei pazienti guariti è ora 1.719, mentre quello dei positivi è 2.326. I morti dall’inizio pandemia sono sette.
Numeri piccoli rispetto ai quasi 36 milioni di casi in Europa con più di 700 mila morti. Oppure ai 47 milioni dell’America, con oltre 1 milione di morti. Pochi casi in un paese piccolo. Una condizione però che non è di per sé una sicurezza anti Covid. Come dimostrato dall’andamento del virus nelle regioni italiane. Prima dei divieti di spostamento le regioni più piccole rischiavano il contagio proveniente dalle persone che arrivavano dalle regioni più grandi, dove nelle città il virus circolava maggiormente.
Ovunque la pandemia ha sfidato le abitudini più consolidate. Anche in Eritrea, cominciando dai valori religiosi. E poi niente più vita in comune, strette di mano, abbracci. Importante l’informazione sui corretti comportamenti che in Eritrea è avvenuta sia attraverso i comitati di quartiere, sia con i servizi della televisione. Per spiegare perché in attesa del vaccino, l’unico salvavita sia il lockdown. Tra i cambiamenti anche i festeggiamenti per i matrimoni. Non più spostamenti in macchina e grandi ritrovi con parenti e amici nei das, ora sposi e invitati si spostano in bicicletta, festeggiando all’aperto, fuori città.
La mascherina è d’obbligo per uscire e per entrare nei negozi. Ma la gente come vive il lockdown, lo capisce o è insofferente? Facciamo questa domanda a Yonas Tesfamichael, video maker della seconda puntata 2 Minuti in Eritrea.

