La democrazia europea è stata assassinata in Olanda. R.I.P.
di Daniel Wedi Korbaria
Era tutto organizzato.
Arrivati in Olanda i 600 eritrei provenienti da tutta Europa hanno trovato ad accoglierli al cancello del NH Hotels di Veldhoven giornalisti, televisione e fotoreporter per filmare e raccontare ciò che una trentina di hooligans pseudo eritrei avrebbero combinato, fintamente contenuti dalla polizia olandese. Proprio per la gioia dei media olandesi questo esiguo gruppo di facinorosi ha gridato a squarciagola minacciando di uccidere uno a uno tutti i partecipanti alla 13° Conferenza dei giovani eritrei del YPFDJ.
Come facevano media e teppisti a sapere il luogo esatto della conferenza quando gli stessi organizzatori non l’avevano rivelato nemmeno ai partecipanti? A rendere pubblico il nome dell’hotel è stato lo stesso sindaco di Veldhoven, Jack Mikkers, e l’ha fatto senza aver avuto l’autorizzazione degli organizzatori e senza aver consultato il manager del NH Hotels. Di solito l’indirizzo della conferenza non viene mai rivelato a nessuno fino all’ultimo, proprio per evitare che il regime in Etiopia mandi i suoi scagnozzi con la bandiera della Federazione a fare da guastafeste. Gli eritrei lo hanno imparato da varie esperienze passate durante la festa dell’Indipendenza o il Festival eritreo.
Che fosse un atto premeditato è stato chiaro da subito a tutti i partecipanti alla conferenza: qualcuno aveva organizzato quella brutta accoglienza, qualcuno voleva far saltare la conferenza. Proprio in quei giorni, uno degli hooligans di nome Kubrom Dafla conosciuto dai più per i suoi legami con i TPLF al potere in Etiopia, ha postato sul suo profilo facebook un appello che sa di confessione dove chiamava all’adunata tutti gli anti eritrei residenti in Olanda e li invitava a recarsi sul luogo della conferenza, dicendo: “L’Amministrazione comunale e il governo centrale olandese stanno solo aspettando la nostra manifestazione per cancellare la conferenza. Anche i giornalisti e i media stanno già lì ad aspettarci (…) gli oppositori internazionali ci stanno finanziando e ci incoraggiano, il governo e i media olandesi sono con noi”.
Ma a tirare le fila della marionetta Dafla c’erano il giornalista anti eritreo Martin Plaut, numero uno per le sue fake news sull’Eritrea, e l’accademica e attivista del regime-change Mirjam van Reisen, già proprietaria di EEPA una Ong indirettamente finanziata da Soros. Questi due signori hanno fatto appello al governo olandese chiedendo la cancellazione della conferenza. Qualcuno ha un’idea di come possiamo fermare questo?,” chiedeva la professoressa sul suo profilo facebook.
Per raggiungere il loro scopo hanno incitato all’odio e alla rivolta alcuni poveri rifugiati in attesa dei documenti di soggiorno chiedendo loro di partecipare alla dimostrazione, se davvero erano contro il governo eritreo. E i ricattabilissimi rifugiati “eritrei” hanno lasciato i campi di accoglienza per partecipare a questa manifestazione violenta senza sapere che sarebbero stati usati come Black Block per fermare una conferenza pacifica e ufficialmente autorizzata da un anno. I poveri rifugiati sono serviti per dare un volto africano alla contestazione organizzata dagli olandesi stessi usando la tecnica che gli USA hanno adottato quando, per sanzionare l’Eritrea, la fecero passare per un’iniziativa del Gabon o di Gibuti.
La violenza scatenata dai rifugiati era necessaria per far saltare la conferenza. Senza il loro contributo il sindaco non avrebbe potuto fermarla.
Difatti così è stato. Quando sono arrivati i pullman pieni di ignari e pacifici eritrei è partita la farsa e nello scontro qualcuno dei partecipanti è stato vittima di aggressioni non solo verbali ma anche fisiche, come riportato dal tweet di un giornalista: quello con la giacca blu ha colpito qualcuno in testa.
Così, adducendo la scusa della “pubblica sicurezza”, venerdì 14 aprile dopo cena, in piena notte, il sindaco ha dato l’ordine di far evacuare il NH Hotels. La polizia entrando nell’hotel ha continuato a ripetere agli ospiti: “Lo facciamo per la vostra sicurezza!” Gli eritrei sono stati obbligati a fare le valigie nel più breve tempo possibile e a salire a bordo di autobus fatti arrivare dalla polizia. Hanno detto che per 200 persone avevano trovato una sistemazione in un’altra filiale di NH Hotels di Bruxelles, mentre i restanti 400 ospiti si sarebbero dovuti arrangiare per trovarsi una sistemazione.
Tutto questo in piena notte e in un paese che non conoscevano. Questa era l’ordinanza del sindaco e del giudice che l’ha sottoscritta, autorizzandolo a procedere. Questa è la giustizia olandese, così si garantisce ai cittadini europei la pubblica sicurezza. “È per la vostra sicurezza” blaterava il sindaco Jack Mikkers. Difatti quella di far buttare per strada gli ospiti da un posto sicuro, come un hotel a quattro stelle, per lasciarli in balia della notte e degli hooligans che erano stati già rilasciati dalla polizia nonostante avessero organizzato una violenta manifestazione non autorizzata.
Quando il proprietario dell’hotel ha visto i suoi ospiti che, obbedendo alle leggi del suo paese, al decreto di un giudice e all’ordinanza di un sindaco, salivano visibilmente delusi e in religioso silenzio su quegli autobus, è letteralmente scoppiato a piangere. Ha pianto per la sconfitta della giustizia del suo paese e di tutta l’Europa verso cittadini europei. Ha pianto nel vedere la speciale dignità che gli eritrei sanno indossare nei momenti più difficili.
Uno dei partecipanti alla conferenza del YPFDJ mi ha confessato al telefono che si è sentito come un “moderno deportato di Auschwitz” e non solo perché come tutti i partecipanti alla conferenza aveva inutilmente pagato la sua quota per quattro giorni di permanenza nell’hotel. “Credi che ci avrebbero buttati per strada se fossimo state 600 persone con la pelle bianca? Io non credo proprio” mi ha ribadito molto amareggiato. Non sono riuscito a dargli torto perché mi è arrivato subito il flash dell’apartheid in Sud Africa. Evidentemente, gli olandesi mal sopportano 600 africani che si riuniscono per parlare.
Tra i giovanissimi, una cinquantina di minorenni in tutto, c’era anche il sedicenne Haben che partecipava alla conferenza per la prima volta. Era partito entusiasta e pieno di aspettative. Al rientro gli ho chiesto quali fossero state le sue impressioni. “Per noi giovani eritrei era una buona occasione per conoscerci, perché noi giovani d’Italia, della Svizzera o della Germania siamo diversi culturalmente e l’unica cosa che ci lega tutti è la nostra identità eritrea, la nostra cultura e la nostra storia. La conferenza YPFDJ ci avrebbe aiutati proprio a saldare le nostre radici.” , ha detto.
Invece così non è stato. Cosa hai provato quando sono venuti a dirvi che era finita? “Ho provato tanta rabbia perché l’avevamo aspettata per un anno intero, volevamo stare insieme per conoscerci. Invece ci hanno dato un quarto d’ora per fare le valigie. Gli organizzatori ci hanno detto: siccome siete minori e non avete soldi avrete la priorità per andare in hotel a Bruxelles mentre i grandi si sarebbero dovuti arrangiare.. Non era giusto comunque”.
La Comunità Eritrea in Olanda, difatti, in quella tragica notte, è accorsa per sistemare nelle proprie case i 400 eritrei homeless.
Postando una sua foto in mezzo agli hooligans l’accademica professoressa Mirjam van Reisen ha twittato definendoli “eroi della giornata di Veldhoven”, infischiandosene che quel 14 aprile 2017 a Veldhoven in Olanda, cuore della democratica Europa, assieme al sindaco Mikkers e ai media olandesi, si sia uccisa proprio la Democrazia d’Europa e l’articolo 11 sul diritto di libertà di riunione e di associazione che recita:
“La libertà di riunione comprende le riunioni pubbliche o private, cortei, processioni, dimostrazioni e sit-in. Il loro scopo può essere politico, religioso o spirituale, sociale, o di altro tipo; non è imposto nessun limite allo scopo, ma ogni riunione deve essere pacifica. (…) Obblighi positivi: lo Stato ha il dovere di proteggere dalla violenza dei perturbatori le persone che esercitano il loro diritto di riunione pacifica. La libertà di associazione è il diritto di associarsi con altri per costituire organi destinati a perseguire collettivamente degli obiettivi comuni”.
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