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Guerra e propaganda, un’analisi del conflitto in Etiopia video ByoBlu

Marilena Dolce
24/01/22
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Etiopia, tra guerra e propaganda, un’analisi del conflitto.

Il Corno d’Africa è un’area strategica ma dimenticata, raccontata male. Parlarne invece è importante per capire i fatti, come la guerra interna scoppiata in Etiopia nel 2020.

ByoBlu, televisione indipendente, ha dedicato all’Etiopia uno speciale per parlare dell’attuale situazione  di guerra e di quello che i media occidentali non dicono. In collegamento con lo studio Aster Carpanelli, esperta di politica internazionale, Marilena Dolce giornalista di EritreaLive, che sta seguendo il conflitto per Affariitaliani.it, Yonas Tesfamichael, fotoreporter, e Elias Amare, giornalista e politologo.

 

Conduce in studio Michele Crudelini.

Innanzi tutto, cos’è il Tplf? 

“Il Tplf (Tigray People’s Liberation Front)”, dice Aster Carpanelli, “è un’organizzazione che si forma nel 1975. Negli anni Sessanta è una specie di movimento studentesco etno nazionalista con base nella capitale Addis Abeba. Nel 1991 però, con Meles Zenawi, diventa un partito e va al governo. È in questo periodo che si decide che l’Etiopia debba essere divisa in 9 regioni, i cui nomi rimandano all’appartenenza etnica degli abitanti. Si crea così un sistema federale su base etnica e linguistica. Già nel manifesto del 1976 il Tplf esprimeva l’idea di secessione del Tigray, regione dov’è maggioritario, dall’Etiopia.  E, sempre in quello scritto, il popolo Amhara era indicato come nemico principale dei tigrini.

Nella nuova Costituzione, tra l’altro, non si parla di popolo etiope ma di etnie. La cittadinanza non conta, a contare è solo l’appartenenza etnica. Gli attuali problemi dell’Etiopia nascono in quel contesto e nel concetto di federalismo etnico”.

Ma di questo e di molto altro in Italia non si sa granché. Anzi il Tplf continua ad avere buona stampa, come mai?

 “Per quanto riguarda la stampa italiana” dice Marilena Dolce “l’analisi percorre due strade, quella cattolica che trova le proprie fonti nelle missioni da sempre presenti nel Paese e nella chiesa ortodossa, e quella di sinistra, che crede che il Fronte sia un gruppo oppresso, non capendo che si tratta invece di un partito che ha governato dal 1991. Il cambiamento che il Tplf non accetta, e per il quale oltre a lottare con le armi, cerca di dominare la stampa estera, è quello del 2018, quando arriva al governo Abiy Ahmed, uomo che rappresenta un’altra etnia e un diverso concetto di Stato. È lui che scardina i privilegi del Fronte. È questo il motivo fondamentale per cui il Tplf organizza la lotta, lasciando il governo per ritirarsi nel Tigray.

Nella narrazione occidentale e italiana però, ben presto, i fatti si ribaltano. Dopo l’attacco alla Caserma Nord da parte del Tplf  che provoca la reazione del governo, la stampa occidentale presenterà la situazione come l’oppressione contro l’autonomia del Tigray. È con parole di questo tipo che stampa italiana e straniera, soprattutto quella americana, diffondono le notizie sulla lotta tra Tplf e governo. E naturalmente il Tplf non è estraneo a ciò”.

“Dopo essere estromesso dal potere”, spiega Elias Amare, “il Tplf fugge nel nord, nella regione delTigray.  Non accetta di essere estromesso dal potere, iniziando perciò un piano per destabilizzare il governo di Abiy Ahmed e per portare avanti attraverso i suoi gruppi mercenari, conflitti etnici, interetnici e interreligiosi in tutta Etiopia. Lo scopo è rendere impossibile il nuovo governo delle riforme.

Tra il 2018 e il 2020, per due anni, questi atti di caos, di conflittualità, sono stati portati avanti dal Tplf impunemente. Durante il lungo periodo di governo hanno acquisito il controllo dei servizi di sicurezza, dell’apparato di intelligence, attraverso il quale hanno represso la gente. Hanno reti in tutto in Paese. Oltre a queste reti e alla grande quantità di ricchezza accumulata, a novembre 2020 il Tplf attacca il governo centrale e il vicino stato dell’Eritrea.

Accanto a questa guerra pianificata il Tplf pianifica una guerra di propaganda. Uno dei termini che il Tplf utlizza subito è: genocidio nel Tigray.  Un genocidio fabbricato per essere presentato ai media. Costruiscono storie false da divulgare in Occidente attraverso i cosiddetti esperti stranieri che amplificheranno questa campagna di disinformazione.

In Occidente il Tplf ha una rete propagandistica nella diaspora, seguaci ben finanziati, che forniscono informazioni ai media. Poi queste storie di atrocità e massacri sono riportate dai grandi media,  CNN, BBC, quindi analizzati dagli esperti, Mirjam van Reisen, Alex de Waal, Martin Plaut o William Davison di International Crisis Group, con base a Nairobi. Loro spingono per dare ulteriore credibilità a queste storie. Infine arrivano le organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International, Human Rights Watch che confermano atrocità e massacri e che dicono che la carestia è diventata un’arma.

Questa è una narrazione sostenuta dai governi occidentali, dal consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dal parlamento dell’Unione Europea allo scopo di fare pressione sul governo etiope e sull’Eritrea, anche con le sanzioni. Nella fase successiva della guerra sono stati fatti ben dieci tentativi per portare la questione dell’Etiopia al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e far passare una risoluzione simile a quella approvata in Libia nel 2011, poi in Siria. Interventi umanitari o R2P, responsabilità di proteggere, per giustificare un intervento”.

Qual è il ruolo dell’Eritrea in questa guerra?  

“L’Eritrea”, dice Yonas Tesfamichael, “è un paese indipendente dal 1991, che ha avuto nel 1998 uno scontro con l’Etiopia guidata dal Tplf.  Una guerra per un territorio di confine nella zona di Badme. Una commissione internazionale nel 2002 stabilisce che parte della zona contestata sia eritrea. L’Etiopia governata dal Tplf non accetta la risoluzione, definitiva e vincolante, fino a quando nel 2018, con l’arrivo di Abiy, sarà lui a firmare la pace ad Asmara.

Quando, a novembre 2020, il Tplf tenta il colpo di stato, circa 5.000 soldati cercano salvezza scappando verso i confini eritrei. L’Eritrea li accoglie e dieci giorni dopo, il 14 novembre è attaccata per due settimane dal Tplf. Ero ad Asmara mentre accadeva.L’Eritrea perciò interviene a fianco dell’Etiopia, contro il Tplf, anche per proteggere il proprio paese”.

Qual è attualmente la strategia americana verso l’Etiopia?

“Il gruppo dell’amministrazione Obama, che ha lavorato per anni a stretto contatto con il regime del Tplf”, spiega Elias Amare,”ora è tornato al potere a Washington. C’è un video che consiglio in cui si vede chiaramente come stiano ragionando contro il governo Abiy. A parlare è un ex ambasciatore a Washington del Tplf, Berhane Gebre Christos. Dicono, cosa possiamo fare, come possiamo provocare un rovesciamento del governo. È un documento trapelato che mostra  ex diplomatici come Vicki J. Huddleston, Donald Yamamoto e un altro ambasciatore britannico, che apertamente cospirano insieme a Berhane Gebre Christos. Usano i loro contatti e i loro soldi per condizionare, per fare lobbying, per diffondere disinformazione.

È l’effetto portagirevole. L’amministrazione Biden a Washington è essenzialmente un Obama ter, perché la maggior parte degli attori politici, come Susan Rice, Samantha Power, Antony Blinken, sono tornati in carica. Lo stesso presidente Biden era vice presidente durante l’amministrazione Obama. Questa  élite della sicurezza nazionale a Washington sta ora lavorando in stretto coordinamento con il Tplf, gruppo definito dal Parlamento etiopico terrorista, che cerca di destabilizzare il proprio paese e l’intera regione,diffondendo guerre e caos”.

Cos’è successo il 4 novembre 2020 in Etiopia?

Dice Aster Carpanelli “se quanto accaduto in Etiopia il 4 novembre fosse accaduto altrove i giornalisti ne avrebbero parlato per mesi. È una data che indica un crimine. Il Tplf ha fatto una pulizia etnica, sono stati uccisi i militari non tigrini. i tigrini,  militari e ufficiali, erano coinvolti nell’attacco. Questo è un punto che non è mai stato raccontato. La violenza del Tplf contro le soldatesse non tigrine è stata feroce, hanno amputato loro il seno. I soldati prima di essere cacciati sono stati denudati, come atto di umiliazione.

La stampa non ne ha parlato.

Il rapporto storico dell’America con il Tplf può essere spiegato con due esempi. Nel 2015, quando era premier Hailemarian Desalegn, Obama andò in Etiopia e disse che il governo etiope era democraticamente eletto. Una frase molto criticata in Etiopia. In quelle elezioni il Tplf, dopo aver vinto, perseguitò tutti gli oppositori.

Del resto Susan Rice, alla morte di Meles Zenawi, nel 2012, disse di lui che era un grande visionario e un amico…

Perché non piace il governo Abiy all’America? Secondo molti analisti non piace l’attuale rapporto tra Eritrea ed Etiopia, tra Isaias Afwerki e Abiy Ahmed. L’America teme che l’alleanza tra Etiopia, Eritrea e Somalia formi un gruppo forte. Questa è la paura dell’Occidente.

E poi teme anche il panafricanismo. Abiy vuole l’autosufficienza per l’Etiopia, cominciando dalla sicurezza alimentare. Infine gli Usa cercano di osteggiare la presenza dei cinesi in Etiopia.

Anche per la questione della diga Gerd, gli Usa hanno sempre cercato di fare pressioni sull’Etiopia, che però rifiuta ogni intervento occidentale”.

Si possono fare esempi di disinformazione?

“Il Tplf” spiega Marilena Dolce, “ha manipolato la stampa occidentale sia prima che essa potesse arrivare nella regione del Tigray, sia dopo. Ci sono alcuni casi evidenti. Per esempio com’è stato raccontato il massacro di Axum di cui la stampa italiana ha parlato riprendendo, senza obiezioni, il rapporto di Amnesty International.

Il prete di Axum che parla del massacro è un attivista tigrino di Boston

Il metodo di tale report ha due punti che andrebbero indagati, le interviste telefoniche e quelle fatte agli sfollati tigrini nei campi in Sudan. Nel primo caso, va detto che in quel momento non erano attive le linee telefoniche, quindi chi hanno intervistato? Nel secondo invece, come confermato in seguito da diverse fonti, molti miliziani Tplf, colpevoli dell’eccidio di Mai Kadra, si sono nascosti proprio in quei campi, insieme ai civili. Quale può essere stata la loro versione?

Inoltre il massacro sarebbe avvenuto in un giorno speciale per la chiesa ortodossa, quello della celebrazione dell’Arca. Le televisioni locali mostrano infatti la folla che arriva per la festività. Anche questa circostanza avrebbe dovuto essere indagata ma nessuno l’ha fatto. Invece si propone un’intervista che confermerebbe il massacro. A rilasciarla è un prete che dice di aver visto l’eccidio davanti alla sua chiesa. Indagando, però, si scopre che quel giorno lui non era ad Axum ma a Boston e, soprattutto, che non è un prete ma un attivista Tplf. Inoltra in rete vengono messe immagini di fosse per i morti ma ad una più attenta verifica delle foto risulta che riguardano un attentato di Boko Haram…”.

Perché l’autodeterminazione dei paesi africani è un concetto che spaventerebbe l’Occidente?  

L’Eritrea”, spiega Yonas Tesfamichael, “dopo quasi 100 anni di colonialismo, si libera e, nel 1991, diventa indipendente. Quest’esperienza la porta ad essere ferma su un punto: mai più colonizzati. Il suo diventa un esempio pericoloso. L’atteggiamento internazionale riflette questa paura. Non si vuole che l’Eritrea, con la sua posizione geografica strategica, tra Suez e Bab El Mandeb, influenzi, con il proprio concetto di autodeterminazione, gli altri paesi del Corno d’Africa, modificando la politica della regione. Le sanzioni servono a mantenere i paesi in stallo.

L’Eritrea è accusata di essere una dittatura ma non è così. Certo per la sua breve storia di stato indipendente, attaccato su molti fronti, politici, militari, diplomatici, non è una democrazia come la intende l’Occidente. Però c’è una profonda condivisione di obiettivi tra governanti e governati e non c’è separazione tra loro”.

Tra quelli che remano contro l’Etiopia di Abiy Ahmed spicca il nome di Tedros Adhanom…

“Tedros Adhanom”, dice Aster Carpanelli “è il direttore dell’Oms, ma è anche, per l’Etiopia, un personaggio controverso. Durante i governi del Tplf è stato ministro della Salute e anche Ministro degli esteri. Tuttora è membro del comitato centrale del Tplf. La diaspora e gli Amhara l’hanno accusato di aver promosso la sterilizzazione forzata delle donne Amhara. E anche di aver sottovalutato l’epidemia di colera nel Paese indicandola come variante di infezione gastrointestinale, per nascondere gli errori del governo.

L’Etiopia ora ha scritto contro di lui una lettera all’Oms. Finora però niente lo ha scalfito

Lui è tra i responsabili dei crimini contro gli etiopici fatti durante i 27 anni di governo del Tplf.

In questi giorni ha scritto che il Tigray, a causa della guerra, è in una gravissima crisi, che non ci sono più medicinali, che la gente muore. Ma per il disastro compiuto dal Tplf nelle regioni Amhara e Afar, invase militarmente dopo la tregua del luglio scorso, non ha ancora speso una parola…”.

I media italiani come hanno parlato del conflitto?

“Il conflitto tra Tplf e governo è stato raccontato dalla stampa italiana in modo parziale e superficiale” dice Marilena Dolce.

“Parlarne diversamente avrebbe voluto dire lavorare sulle fonti, sia per quanto riguarda le immagini, sia per le testimonianze. Sulle immagini ci sono stati lavori di post produzione, si sono proposte immagini false, false in parte, fuori contesto. Nella prima parte del conflitto la stampa ha pubblicato quanto ricevuto dal Tplf.

Le notizie che arrivano sono pubblicate senza verifica. Per esempio la presa di Addis Abeba, un assedio mai avvenuto. Una vittoria non realistica arrivata alla stampa, compresa quella italiana, dal Tplf”.

Sarà possibile arrivare alla pace?

 “Per l’Eritrea la pace, nel 2018, arriva con il premier Abiy Ahmed”, spiega Yonas Tesfamichael  “una pace che il Tplf non aveva voluto per 27 anni. Nonostante l’attuale conflitto tra Tplf e governo la via della pace aperta ad Asmara tra Eritrea ed Etiopia non è per niente chiusa.

 

Marilena Dolce

Marilena Dolce, giornalista. Da più di dieci anni viaggio verso il Corno d'Africa e da altrettanti scrivo ciò che vedo. Soprattutto per Eritrea ed Etiopia ma non solo. Dal 2012 scrivo per EritreaLive, notizie e racconti in diretta dall'Eritrea. Perchè per capire il mondo bisogna uscire dal proprio quartiere, anche solo leggendo.

Una risposta a “Guerra e propaganda, un’analisi del conflitto in Etiopia video ByoBlu”

  1. Claudio ha detto:

    Analisi condivisa completamente. Mi occupo del Corno d’Africa dal 84 , e dal 2000, seguo da vicino, la politica Eritrea ed Etiope.

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