Eritrea-Etiopia, nuova apertura sul confine
Il presidente Isaias Afwerki e il premier Abiy Ahmed tagliano il nastro per la nuova apertura di un confine sull’altopiano.
ERITREA-ETIOPIA, NUOVA APERTURA SUL CONFINE.
Aperto un nuovo confine per il passaggio di mezzi e persone tra Eritrea ed Etiopia.
All’inizio di questa settimana il premier etiopico Abiy Ahmed e il presidente eritreo Isaias Afwerki hanno tagliato il nastro, aprendo un altro valico sul confine dell’altipiano.
La zona riaperta è quella tra le due città, Omhajer in Eritrea e Humera in Etiopia.
Una decisione che è parte del reciproco accordo di pace, stipulato ad Asmara lo scorso 9 luglio.
Il punto 3 della Dichiarazione di Pace e Amicizia, infatti, prevedeva la ripresa dei commerci e delle comunicazioni tra Eritrea ed Etiopia. Così scrive nel tweet che annuncia la riapertura del valico transfrontaliero il Ministro dell’Informazione eritreo, Yemane Ghebremaskel. Dello stesso tono la nota diffusa al riguardo da Fana Broadcasting, emittente di Stato etiopica.
La possibilità per eritrei ed etiopici di attraversare in diversi punti la comune frontiera, è uno dei pilastri della pace raggiunta.
Molte, infatti, sono le località di confine sull’altopiano. Una lunga linea di territorio geograficamente simile, che delimita politicamente i due paesi.
Proprio Badme si era trovata nel 2002 al centro dello scontro tra vecchi e nuovi confini. Una parte che, al termine del conflitto del 1998-2000, la commissione internazionale con l’Accordo di Algeri aveva delimitato, includendo quella città e il territorio circostante, nello stato eritreo.
Decisione rifiutata dal primo ministro etiopico Meles Zenawi. Da qui lo stato di tensione durato vent’anni e terminato con il recente accordo di pace.
Il mancato accordo del 2002 e la chiusura dei confini tra i due Paesi provocano una situazione di “non guerra e non pace”.
Un braccio di ferro tra il partito etiopico al potere, Tigray People’s Liberation Front (TPLF) e l’Eritrea. Una situazione di stallo determinata dal TPLF che, pur rappresentando solo il sei per cento della popolazione, governa di fatto l’Etiopia, anche dopo la morte di Meles Zenawi. La politica di Heilemarian Desalegn, infatti, rimane legata alla precedente con la predominanza dei sostenitori TPLF, sia in politica estera sia interna.
È l’arrivo di Abiy, il nuovo premier eletto lo scorso aprile, di etnia oromo, a far saltare le precedenti chiusure. Il premier etiopico, infatti, fin dal suo insediamento, tende la mano all’Eritrea. Poco dopo accetta le condizioni del vecchio accordo.
Quindi, sulla base della pacificazione raggiunta i due governanti dei rispettivi paesi, Isaias Afwerki e Abiy Ahmed, avviano un piano che prevede sviluppo e migliori condizioni di vita, non solo in Eritrea ed Etiopia, ma nell’intera regione del Corno d’Africa.
Tuttavia non va dimenticato che, pur con la pace, i woyane, sostenitori del TPLF, non sono scomparsi. E che molti di loro non si sono rassegnati al cambiamento. Una situazione che ha comportato la perdita di privilegi e rendite di posizione.
Proprio le decisioni seguite alla pace, infatti, hanno spazzato via l’idea che il cambiamento potesse essere solo formale.
Immediata la ripresa dei voli e delle comunicazioni telefoniche tra i due Paesi. La riapertura di strade e di alcuni valichi.
Condizioni a lungo sperate che hanno permesso a eritrei ed etiopici di ritrovarsi e riabbracciarsi. Immagini di felicità che hanno commosso il mondo, pubblicate e riprese da media internazionali, ancora increduli per la svolta positiva.
A settembre, un altro importante avvenimento. Da alcune zone di frontiera comincia il ritiro dell’esercito etiopico che ancora le occupava. Un ritiro inizialmente lento che ha un’accelerazione a fine novembre, quando è riaperto il valico Serha-Zalambesa.
Proprio in questa zona la BBC ha raccolto testimonianze etiopiche positive sul cambiamento in atto.
Zalambesa, distrutta durante gli scontri del 1998-2000 era, prima della pace, un cumulo di macerie. Grandi massi chiudevano le strade verso l’Eritrea. Finiti i commerci. Fuggiti molti abitanti. Oggi la gente ha iniziato a tornarvi. Si pensa che gli affari riprendano, che le case si possano ricostruire. Dove per vent’anni non era passata una macchina ora, dalla frontiera aperta, nei primi mesi, ne sono arrivate “duemila al giorno”, dicono alla BBC.
Stessa rinascita ad Adigrat, città etiopica distante circa 40 chilometri dal confine eritreo. Anche qui i banchi del mercato locale sono affollati di eritrei che arrivano per acquistare. Comprano spezie, miele, cereali ma anche taniche di plastica e i classici sandali “Shidda”, lavatrici e frigoriferi.
Dall’altra parte della frontiera, sulle ambe eritree, a venti chilometri dal confine sorge Senafe. Un tempo una bella cittadina con intatte zone archeologiche, oggi Senafe attende una ristrutturazione che riporti case, riapra negozi, Caffè, ristoranti.
Per il momento molti sono gli eritrei che vivendo in queste zone di confine, fino a poco fa invalicabile, hanno ricominciato a fare la spola tra i loro paesi e le prime città di frontiera, come Adigrat. Mercati riforniti, prezzi buoni e vicinanza sono elementi che accontentano chi compra. Mentre la ripresa degli scambi con i “fratelli eritrei” è una buona cosa per i commercianti etiopici.
Negli ultimi sei mesi del 2018 Eritrea ed Etiopia hanno raggiunto dopo la pace rimasta sospesa per vent’anni, molti importanti traguardi.
La comunità internazionale, come chiesto immediatamente anche dall’Etiopia, ha tolto all’Eritrea le sanzioni in atto dal 2009. Un altro tassello atteso da dieci anni, per poter riprendere la ricostruzione del paese, distrutto da trent’anni di guerra (1961-1991), prima dell’indipendenza.
È evidente che molto è stato fatto nel 2018 e che altrettanto è in corso per l’anno iniziato.
Gli investitori stranieri, tra questi anche numerosi italiani, guardano con nuovo interesse all’Eritrea, al suo processo di sviluppo.
A fine dicembre, però, arriva la notizia della chiusura di alcune frontiere precedentemente aperte sull’altopiano. Così riferisce la stampa cattolica citando il portavoce dell’amministrazione Tigray. Tanto basta per parlare di una pace a singhiozzo.
L’inaugurazione ufficiale del nuovo valico smentendo i “singhiozzi”, assicura invece che la strada della pace procede.
Anche se, come tutte le strade, dovrà affrontare qualche salita.
Marilena Dolce
@EritreaLive
verso meta’ febbraio ho in programma di attraversare il confine Ethiopia-Etitrea in auto con targa ethiope e driver ethiope. Speriamo in bene.