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Eritrea, ancora una tragedia nel Mar Mediterraneo

Marilena Dolce
28/04/16
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Foto Marina Militare Italiana, un soccorso in mare

L’ultima tragedia nel Mar Mediterraneo, dello scorso 17 aprile, forse 500 morti, ripropone il problema dei numeri e della provenienza. È corretto pubblicare numeri approssimativi e paesi di provenienza incerti?

Il 20 aprile scorso l‘Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, mette sulla pagina del suo sito italiano che in Grecia, il proprio team, sta incontrando “i sopravvissuti di quella che potrebbe essere una delle più gravi tragedie che vede coinvolti rifugiati e migranti degli ultimi 12 mesi. Se confermato, fino a 500 persone potrebbero aver perso la vita nel naufragio di una grande imbarcazione affondata nel Mediterraneo in un luogo non definito tra Libia e Italia”. “I 41 sopravvissuti” continua il comunicato  “37 uomini, 3 donne e un bambino di tre anni sono stati tratti in salvo da una nave mercantile e portati a Kalamata, nella penisola greca del Peloponneso, il 16 aprile”. Qui incontreranno l’Unhcr.

Tra le persone salvate ci sono 23 somali, 11 etiopi e 1 sudanese, ma degli altri 400 cosa dicono i sopravvissuti? Chi erano?

Partiti dalla Libia, da una località vicina a Tobruk, alcuni dei salvati riferiscono all’Unhcr di aver fatto parte di un grande gruppo, 100-200 persone, salito su un’imbarcazione di circa 30 metri. Il problema comincia, spiegano, quando gli scafisti li trasbordano su una barca più grande, con a bordo moltissime altre persone. Durante il trasferimento l’imbarcazione su cui avrebbero dovuto salire si capovolge, lasciandoli in mare alla deriva per tre giorni, prima del salvataggio di sabato 16 aprile.

La notizia arriva alle agenzie domenica 17 e, lunedì 18, i titoli dei giornali raccontano “l’ultima tragedia”, la “strage dei migranti” senza usare condizionali né per i numeri, quattrocento dispersi, né per i paesi di provenienza. Sono in gran parte somali, ma anche etiopi ed eritrei, così si legge dappertutto.

Corriere.it scrive che nel Mediterraneo avrebbero trovato la morte “200 migranti” a bordo di “quattro barconi malconci” nel “tentativo di raggiungere l’Italia”. Un tabloid britannico, cita il Corriere, avrebbe detto che la “gran parte dei migranti sarebbero di origine somala, ma ci sarebbero anche etiopi ed eritrei”.

Qualcuno, più cautamente, il 19 aprile scrive: “la notizia dell’orrore rimbalzata per tutta la giornata alla fine non trova conferma: il barcone naufragato con a bordo 400 persone è una nave fantasma”. Di questa nave fantasma non hanno notizie la Marina Militare Italiana, la Guardia Costiera, il nostro Ministero degli Esteri ma neppure Frontex e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, almeno in un primo momento.

Nel pomeriggio di martedì 19 aprile parlo con l’Unhcr, sede di Roma, che conferma di non aver ancora notizie certe. Ci vuole cautela, dicono, prima di parlare di sciagure e disastri del mare. La barca affondata, comunque, sarebbe partita dalla Libia, non dall’Egitto, diretta non in Italia ma in Grecia dove infatti i sopravvissuti saranno soccorsi da un team Unhcr che, in loco, cercherà di capire l’accaduto. Il numero dei morti? Impossibile dirlo. Sembra, spiegano, che siano 41 i salvati, non si sa ancora di quale nazionalità.

Lo stesso giorno, martedì 19 la Reuters di Nairobi riferisce, citando il governo somalo, di un naufragio nel Mar Mediterraneo. È lo stesso? Nessuna certezza sui numeri, si dice tra  200 e  300 le persone di nazionalità somala, forse fino a 500 i dispersi. Fonte della notizia la diaspora e l’ambasciata somala in Egitto.

Un’altra fonte, la BBC Arabic, ripresa dal tabloid inglese Daily Mail che cita media somali, scrive che la tragedia avvenuta al largo del Mediterraneo ha fatto più di 400 vittime tra le quali molti migranti provenienti da Somalia, Etiopia ed Eritrea, tutti diretti in Italia.

In questo periodo i migranti che arrivano in Italia provengono meno dal Corno d’Africa e più da Nigeria, Gambia, Senegal e Guinea, però i titoli dei giornali e dei servizi televisivi parlano quasi sempre di eritrei.

Lunedì 18 aprile il governo italiano ha presentato a Bruxelles il Migration Compact, una carta in cui si propone aiuto europeo all’Africa per sostenere lo sviluppo, fermare la migrazione economica e lottare contro i trafficanti di uomini. Un accordo Ue-Africa per un’effettiva collaborazione, soprattutto con i paesi dove l’emigrazione di massa non è dovuta a conflitti ma ad una precaria situazione economica.

Nelle stesse ore in cui ci si interroga sul naufragio avvenuto al largo delle coste greche, ne avviene un altro al largo delle coste italiane, nel Canale di Sicilia. Aquarius, nave dell’Associazione SOS Mediterranee che opera in partenariato con Médicins du Monde, salva, domenica 17 aprile, 108 persone, come scrivono in un comunicato pubblicato sul proprio sito.

In questo caso dinamica e lieto fino sono più collaudate. Partita dalla Libia l’imbarcazione con a bordo i migranti una volta arrivata in acque internazionali lancia la richiesta di soccorso che Aquarius riceve, mettendo in salvo la quasi totalità degli imbarcati.
Purtroppo sei non ce l’hanno fatta, erano già morti sul fondo del gommone al momento del salvataggio, così come due dei tre che si sono buttati in mare durante le operazioni di soccorso.

Di quale nazionalità sono i sopravvissuti? “Provengono da Gambia, Guinea Bissau, Guinea Conakry, Costa d’Avorio, Togo, Nigeria, Senegal, Mali, Sudan, Eritrea, Etiopia”. Così si legge nel comunicato stampa.

Contattati per telefono però i responsabili dell’associazione confermeranno il salvataggio avvenuto il 17 aprile al largo del Canale di Sicilia, nel Mar Mediterraneo, il numero dei sopravvissuti e la provenienza dalla Libia ma non tutte le nazionalità. Non ci sono eritrei, sudanesi o etiopici, nessuno, precisano, proveniente dal Corno d’Africa solo dall’Africa Occidentale.

Non che si possa essere più o meno felici se le morti in mare riguardano un paese dell’Africa Occidentale o del Corno d’Africa, tuttavia l’impressione è che ci sia una certa approssimazione nel fare gli elenchi, sempre difficili.

Nel caso dell’Eritrea aver conquistato con la sciagura del 3 ottobre 2013 le prime pagine dei giornali, significa spesso essere inserita d’ufficio nelle tragedie del mare, senza accertare, senza controllare. La scelta di non verificare diventa scelta politica per lasciar credere sempre che tra i morti molti siano eritrei,  ma è giusto?

Pazienza se gli eritrei residenti in Italia o in Europa, si scambieranno frenetiche telefonate per sapere e capire l’accaduto o il non accaduto, per chiedere se i loro cari siano tra i “sommersi” o i “salvati”.

Il 20 aprile l’Ansa, dopo aver letto il comunicato Unhcr titola: ”Migrantii: Unhcr conferma naufragio nel Mediterraneo, erano 500 a bordo”, rettificando la rotta non via Egitto ma Libia e le nazionalità, i morti sarebbero, somali, sudanesi, etiopi, egiziani. Spariti gli eritrei.

Questa volta quindi, pur nel quasi silenzio della stampa e delle organizzazioni internazionali, nella triste classifica dei morti in mare sembrano essere entrati anche molti etiopici, come mai?

Un motivo potrebbe essere il violento scontro tra una parte della sua popolazione e il governo centrale che sta espropriandone le terre, così spiega la stampa locale.

Jawar Mohammed, Oromia Media Network, sito d’informazione d’opposizione, scrive sui social che nel naufragio del 16 aprile, come detto dai superstiti a Kalamata, hanno perso la vita moltissimi etiopici di etnia oromo, in fuga dal loro paese. E il sito pubblica foto, nomi, testimonianze di questa tragedia del Mediterraneo che li ha coinvolti.

L’Occidente non considera questa una fonte e dimentica velocemente il naufragio, quasi che la morte in mare di tantissime persone, in fuga da un grande paese, ritenuto baluardo della stabilità del Corno d’Africa, sia imbarazzante, difficile da spiegare.

Perché si fugge dall’Etiopia che sta costruendo la diga “più grande d’Africa: lunga 1.800m, alta 175m e del volume complessivo di 10 milioni di m³”come si legge sul sito Salini Impregilo che ne firma progetto e realizzazione? Una Diga (Grand Ethiopian Renaissance Dam) che quando sarà ultimata, nel 2017, porterà il paese verso la rinascita verde ?

La domanda per il momento è senza risposta come quella di chi avrebbe voluto sapere se erano etiopici i morti nell’ultima tragedia del Mar Mediterraneo.

Marilena Dolce

@EritreaLive

Marilena Dolce

Marilena Dolce, giornalista. Da più di dieci anni viaggio verso il Corno d'Africa e da altrettanti scrivo ciò che vedo. Soprattutto per Eritrea ed Etiopia ma non solo. Dal 2012 scrivo per EritreaLive, notizie e racconti in diretta dall'Eritrea. Perchè per capire il mondo bisogna uscire dal proprio quartiere, anche solo leggendo.

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