21/11/2024
Breaking News
Home | News | Italia | Coronavirus in Italia e (poco) in Africa

Coronavirus in Italia e (poco) in Africa

Marilena Dolce
26/02/20
0
1336

Coronavirus in Italia, poco in Africa

Dati Coronavirus Italia

Coronavirus tra Italia e Africa, info a raffica, molto allarmismo, poche certezze. Almeno finora.

Aumentano i Paesi che non lasciano sbarcare chi arriva da Lombardia e Veneto, le regioni più colpite.

L’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, è arrivata in Italia in questi giorni per valutare la situazione coronavirus. Al momento i numeri del contagio italiano sono i più alti in Europa. E pare siano destinati a salire.

Tuttavia sono stati delimitati i focolai, anche se, per il momento, non è stato trovato il paziente zero.

Le persone che vivono nelle zone rosse non possono uscirne. Una restrizione per evitare possibili contagi.

Questo fine settimana governo e autorità locali hanno deciso la quarantena per 50.000 persone circa. Chiuse per sette giorni scuole e università. Limitata dal coprifuoco l’apertura di bar e altri ritrovi. Chiusi molti sportelli pubblici. In differita tutto ciò che non è urgente. Mezzi pubblici disinfettati, treni limitati, cancellazione delle tratte che toccano le zone a rischio.

Dalla preoccupazione che i migranti provenienti dall’Africa ci portassero il coronavirus siamo passati al divieto per gli italiani del nord di spostarsi all’estero. Mauritius, in via preventiva, non ha fatto sbarcare da un volo Alitalia i passeggeri lombardi e veneti.

Un’Italia divisa in due. Dalla quale non si può uscire ma nella quale, presumibilmente, nessuno vorrà entrare, nemmeno per turismo.

Intanto si cerca il paziente zero. Forse, si dice, una persona  con molti contatti sociali, che vive in Lombardia o Veneto. Anche questo però non è un dato sorprendete. È nelle due regioni, infatti, che sono più attivi gli scambi commerciali con l’estero, Cina compresa. Per questo motivo sono quelle con più casi di coronavirus.

In settimana è previsto un summit tra ministri della salute Ue.  Quasi tutti i Paesi europei, nel frattempo hanno bloccato o avvisato che fermeranno in quarantena gli italiani del nord.

Domenica sera l’Austria ha bloccato un treno al Brennero su cui viaggiavano italiani. Poi la Romania ha disposto la quarantena per chi arriva da Lombardia o Veneto. Marie Le Pen ha chiesto alla Francia, che per il momento non ha preso misure estreme, di ripristinare i controlli alla frontiera e bloccare gli italiani in arrivo dalle regioni contaminate. Intanto a Lione è stato fermato un pullman proveniente da Milano perché l’autista era raffreddato.

Molti, come riportato in queste ore dalle agenzie di stampa, sono i paesi che hanno avvisato i propri cittadini di non venire in Italia. Tra questi, Irlanda, Serbia, Bosnia, Israele. La Grecia, che non ha ancora nessun caso, ha vietato i viaggi scolastici in Italia.

Per l’estero il pericolo coronavirus equipara veneti e lombardi a cinesi e sudcoreani. Il sito del Ministero Affari Esteri consiglia, prima di mettersi in viaggio, di verificare gli aggiornamenti sui singoli paesi.

Altro paese con un alto tasso di contagio coronavirus è l’Iran, dove si sono appena tenute le elezioni.

Domenica scorsa Turchia, Pakistan, Afghanistan e Iraq hanno chiuso le frontiere verso l’Iran, che per il momento ha registrato il più elevato numero di vittime fuori dalla Cina.

Ad oggi gli Stati Uniti non impediscono ai loro connazionali i viaggi in Italia, raccomandando però misure di prevenzione e di sicurezza.

In Italia intanto info a pioggia, fanno sì che ciascuno informi a proprio modo. Governo e istituzioni locali litigano tra loro. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala decide la chiusura delle scuole dopo un braccio di ferro con il governatore, Attilio Fontana. Una situazione ansiogena che provoca subito dopo l’assalto dei milanesi ai supermarket. Non fate scorte, verrà detto in seguito,  state  piuttosto vicino agli anziani.

Il premier Giuseppe Conte, riferendosi all’incontro con l’Oms ha detto: “abbiamo due focolai di virus, uno dei quali nato in un ospedale che non ha osservato determinati protocolli, favorendo la nascita di uno dei due focolai che cerchiamo di contenere con misure draconiane”.

Il dito è puntato contro l’ospedale di Codogno al centro della zona rossa in Lombardia.

Arrivano quindi risposte piccate.  Giulio Gallera, assessore della Lombardia al welfare, ad Agorà, Rai Tre dice, riferendosi a Conte, “dichiarazioni inaccettabili di una persona ignorante, che ignora quali erano in protocolli definiti dall’Istituto Superiore di Sanità”. Anche Fontana va giù pesante, secondo quanto riportato, avrebbe dato a Conte del “cialtrone”. Infine, se ce ne fosse stato bisogno, la Ue, che ha stabilito la quarantena per chi si fosse trovato nelle regioni “rosse”, precisa che non è “discriminazione” contro l’Italia.

E quanto a discriminazione ci sarebbe da aggiungere.

Quando il coronavirus non era ancora entrato in Italia, seguendo la via maestra dei viaggi in aereo e del business, si diceva che a portarlo dalla Libia sarebbero stati i migranti.

Ora sulle migrazioni in questi anni si è detto molto, dando numeri compiacenti o meno. Ma che dalla Libia, ultimo avamposto di una disperata emigrazione, arrivi il virus è un’idea strampalata. Se non altro per i contatti inesistenti sul territorio tra Libia e Cina.

Tuttavia i 272 migranti sbarcati dalla Ocean Viking a Pozzallo e sottoposti al test coronavirus, pur essendo negativi restano in quarantena.

L’Oms avvisa che l’Africa non è attrezzata per reggere un’epidemia influenzale. Mancano strutture e operatori. Però quasi tutti i Paesi hanno arginato il virus monitorando gli spostamenti delle persone dalla Cina e facendo restare in Cina i connazionali a rischio infezione. Per tutti quelli che arrivano negli aeroporti scattano invece misure di sicurezza e prevenzione.

Qualcuno mette in dubbio che da alcuni Paesi africani arrivino informazioni complete. Sarà.

Certo anche nel nord Italia quanto a completezza non si scherza.

Non è ancora chiaro come sia nato e come si sia potuto diffondere il coronavirus.

Però, almeno, si dovrebbe essere informati sulla sua pericolosità.

Nel fine settimana, sulla propria pagina social facebook, la dottoressa Maria Rita Gismondo, direttore responsabile di macrobiologia clinica, virologia e diagnostica bioemergenziale dell’ospedale Sacco di Milano scrive, riferendosi al panico coronavirus, che è “una follia. Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale”.

Bene. Invece no. Poco dopo Roberto Burioni medico, divulgatore scientifico, ricercatore nel campo degli anticorpi monoclonali umani contro gli agenti infettivi, risponde sulla sua pagina social, “attenzione a chi, superficialmente, dà informazioni completamente sbagliate…la malattia causata dal coronavirus sarebbe poco più di un’influenza, ebbene questo purtroppo non è vero”.

Seguono numeri e statistiche.

Ma il problema resta uno. Chi deve dare informazioni corrette sulla situazione? È giusto che i medici usino i vituperati social per informare?

Tornando all’Africa, il continente al momento non è vittima del contagio.

Dei casi sospetti ne rimane accertato uno, in Egitto.

I Paesi africani sono in allerta. Il Sud Africa, che ha effettuato i test coronavirus per altri paesi, ha cancellato la partita amichevole con il Giappone che si doveva giocare a Kyoto il 27 marzo.

Quanto ai voli dalla Cina diverse compagnie li hanno interrotti. Restano ad oggi quelli di  Ethiopian Airlines.

Intanto il coronavirus in Cina rallenta. Nell’epicentro di Hubei si è registrato il dato più basso delle ultime tre settimane, 52 vittime.

Al momento nel mondo, in 33 paesi, sono contagiate circa 80.980 persone.

Secondo l’Oms ora il coronavirus è più forte nel resto del mondo che in Cina. Ieri il numero di contagiati fuori dalla Cina è stato più alto che all’interno. Così ha detto il capo dell’organizzazione Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus.

In queste ore il mondo, senza eccezioni, sta sperimentando una paura esorcizzata. Il male banale che diventa invincibile. La paura dell’altro, che però stavolta non è il diverso ma il corregionale.

Ultimissima, la Sea Watch vorrebbe sbarcare nel porto di Messina 200 migranti. Il governatore Musumeci si rifiuta. In effetti per i migranti potrebbe essere pericoloso, qualcuno dovrebbe avvisarli.

 

Marilena Dolce

Marilena Dolce, giornalista. Da più di dieci anni viaggio verso il Corno d'Africa e da altrettanti scrivo ciò che vedo. Soprattutto per Eritrea ed Etiopia ma non solo. Dal 2012 scrivo per EritreaLive, notizie e racconti in diretta dall'Eritrea. Perchè per capire il mondo bisogna uscire dal proprio quartiere, anche solo leggendo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati