Associazioni Nazionale Donne Eritree, un aiuto per le donne
L’Associazione Nazionale Donne Eritree è al lavoro tutto l’anno, in patria e all’estero per migliorare la condizione femminile.
marzo è il mese della donna
Marzo è il mese della donna. Ma in Eritrea non per una strategia di marketing, ma per un riconoscimento profondamente sentito dalla popolazione.
L’Associazione Nazionale Donne Eritree è al lavoro tutto l’anno, in patria e all’estero per migliorare la condizione femminile.
Nighisti Zeggai, presidentessa dell’Associazione Nazionale Donne Eritree in Italia e Europa, spiega che da dopo l’indipendenza, nel 1991, l’8 marzo in Eritrea è festa nazionale. Una giornata simbolo per riconoscere il profondo cambiamento avvenuto all’interno della società durante i trent’anni di guerra contro l’Etiopia, dal 1961 al 1991.
“Prima dell’indipendenza la nostra era una società patriarcale, per lo più rurale. Il ruolo delle donne era circoscritto dalla famiglia. Loro imparavano fin da piccole, in attesa del matrimonio, ad accudire la casa e gli animali, ad andare a prendere l’acqua al pozzo, insomma a fare i lavori utili alla famiglia. La situazione cambia quando, negli anni della guerra di liberazione, moltissime giovani donne si uniscono ai compagni per lottare con loro. Si è capito subito che ne erano capaci, che erano come gli uomini. In pratica, anche se sembra ridicolo dirlo così, si è capito che erano intelligenti. Sapevano affrontare tutte le situazioni sul campo. Se erano incinte lo nascondevano fino a quando era possibile proprio per non essere esentate dai combattimenti“.
Il primo a riconoscere l’indipendenza delle donne è il Fronte Popolare di Liberazione Eritreo, Fple.
Già nel 1973, a Pavia, al IV Congresso generale del Fple, si parla della “questione femminile”. Si legge infatti nel testo finale: “il nostro congresso ha deciso di attuare e tutelare a pieno i diritti fondamentali delle donne eritree. In passato le donne sono state oggetto di molteplici sfruttamenti e private del naturale diritto all’emancipazione. La donna è una componente della nostra società ed ha pertanto diritto di essere considerata alla pari dell’uomo, allo stesso tempo ha la responsabilità di far rispettare i suoi fondamentali diritti, partecipando attivamente alla lotta del proprio paese”.
E a questo proposito bisogna ricordare che il trenta per cento dei combattenti è stata donna.
Nel 1978 a Bologna, grazie all’amministrazione Zangheri, si aprono le porte ai congressi annuali della diaspora eritrea. Dal 21 al 28 agosto si tiene così il primo congresso delle donne eritree in Europa (UNDEE), che l’anno seguente diventerà Associazione Nazionale Donne Eritree.
Nel loro primo Congresso le donne confermano di voler essere parte attiva nella lotta per l’indipendenza e che scopo dell’Associazione sarà ottenere la completa parità con gli uomini, anche attraverso il lavoro. L’emancipazione, scrivono nel rapporto conclusivo, è strettamente legata alla lotta per l’indipendenza.
“Si,” conferma Neghisti,” l’Associazione Nazionale delle Donne Eritree nasce proprio nel 1979 in Eritrea, nelle terre liberate, anche se le donne della diaspora si erano già riunite a Bologna l’anno prima. In quegli anni, in ogni Paese, dove c’erano donne eritree della diaspora, nasceva un’Associazione. Oggi in Europa sono nove, anzi dieci dallo scorso 8 marzo, quando è nata quella in Finlandia. Le altre sono in Norvegia, Svezia, Danimarca, Svizzera, Germania, Italia, Gran Bretagna, Francia e Olanda”.
“Le donne eritree della diaspora italiana” dice Nighisti, hanno contribuito tantissimo alla lotta. Sono state loro a finanziarla. Davano lo stipendio intero per sostenerla. Lavorando come colf, con vitto e alloggio, potevano inviare gran parte dello stipendio in patria per aiutare la lotta dei compagni. In Italia le donne eritree si organizzano subito molto bene. Negli anni Settanta spesso arrivavano in aereo insieme alle famiglie italiane che già conoscevano e che, a loro volta, scappavano dal regime di Menghistu”.
E una volta raggiunta l’indipendenza del Paese, nel 1991, cosa succede all’Associazione?
“Le donne continuano a lottare. Dopo l’indipendenza era necessario sostenere il Paese che aveva bisogno di tutto, cominciando da istruzione e sanità. Così le donne, sia quelle in patria, sia quelle della diaspora, decidono di impegnarsi. Si inizia dalle famiglie, poi si aiutano i paesini, quindi le città. In un primo momento l’aiuto consiste nell’attivare un microcredito per le donne, perché potessero avviare attività come un piccolo negozio o una piccola fattoria, con un po’ di animali, per esempio mucche per il latte, pecore, capre. In questo modo la situazione femminile migliorava, ma non abbastanza.
Allora si è pensato di affrontare il problema alla base. Era necessario che le donne avessero la possibilità di accedere alla formazione per imparare un mestiere. Così le Associazioni si sono impegnate sostanzialmente in due ambiti, quello della formazione e quello sanitario.
Ogni nazione ha adottato una città eritrea, per esempio Barentu per la Germania e Keren per l’Italia. Keren è stata scelta perché ben raggiungibile e meglio servita dai trasporti rispetto ad altre zone. Qui l’Associazione Nazionale Donne Eritree in Italia ha ricevuto dal governo un terreno sul quale far sorgere una grande struttura per fondare una scuola di formazione. Dall’Italia arrivavano i fondi mentre la manodopera era locale. I lavori iniziano nel 2006 e terminano con l’inaugurazione del 2014. Oggi lì le donne imparano a lavorare come sarte, a ricamare e a tessere ma non solo. Le più giovani studiano informatica. Tutte arrivano con moltissima voglia di lavorare, anche portando con sé i bimbi piccoli.
Nel 2022 si sono diplomate 58 donne nei lavori di sartoria, 15 nella tessitura 44 in informatica e 6 in video editing. Inoltre l’anno scorso dieci donne sono diventate autiste di pullman.
In tutte le professioni ora c’è una presenza femminile. E questo è stato il mantra dell’Associazione che ha detto alle donne che non c’è nessuna cosa che loro non possano o non sappiano fare. Che tutte sono capaci, basta volerlo”.
Si però conciliare casa, lavoro, famiglia non sempre è facile…
“È vero però in Eritrea si fa il possibile proprio perché non abbiamo dimenticato che la parità dei diritti tra uomini e donne passa attraverso il lavoro. Per esempio in tutti i ministeri le donne che vi lavorano possono portare i propri figli e lasciarli al nido interno. Così anche nelle scuole. Se una mamma insegna e ha figli piccoli può portarli con sé e lasciarli al nido della scuola. Anzi se allatta ha uno stacco ogni due ore per poterlo fare. Lo dico perché l’ho visto succedere con mia nipote, mamma e insegnante”.
Una bella organizzazione…
“Le donne eritree sono sempre molto organizzate. Spesso, vista la storia del nostro Paese, hanno cresciuto i figli da sole, ora però è un’organizzazione diversa, senza solitudine. Le giovani donne eritree apprezzano il cambiamento, il lavoro, l’indipendenza economica. Spesso sono loro che amministrano le entrate familiari. Potrei dire che tra le donne eritree c’è una consapevolezza e una forza superiore a quanto vedo in Europa…”.
Chi sono le donne delle Associazioni in Eritrea e all’estero?
La struttura delle Associazioni è uguale in tutto il mondo. Vi appartengono donne di tutte le etnie come di tutte le nove etnie sono le donne che l’Associazione raggiunge in Eritrea. Parlano le diverse lingue e il primo approccio in genere è l’insegnamento. Poi divulgano le informazioni cardine della vita delle donne, la proibizione far sposare le ragazze minorenni, i matrimoni combinati, le mutilazioni genitali, già punite dalla legge.
Nelle nostre associazioni lavorano molte volontarie, persone che mettono a disposizione delle altre donne le proprie competenze e il proprio tempo ricevendo, qualche volta, un piccolo rimborso spese. In Europa nelle Associazioni Donne sono iscritte tremila socie.
Prima si diceva dell’impegno in campo sanitario, vorrei fare l’esempio dell’Olanda ha creato a Tio, nella regione Southern Red Sea un centro di accoglienza per le partorienti. Quando si avvicina la data del parto la donna vi si può recare per stare a riposo e avere assistenza nei giorni precedenti. In seguito, se tutto è andato bene, può fermarsi altri tre, quattro giorni per rimettersi in forza e affrontare il viaggio di rientro a casa. Anche in questo caso l’assistenza è fatta da volontari.
Per concludere?
Una novità di quest’anno: il miele. Le donne hanno ricevuto l’attrezzatura, attraverso l’Associazione, per imparare a produrre il miele e a occuparsi delle arnie per le api. Tutto è andato per il meglio, al punto che la produzione record di miele ha fatto abbassare il costo del prodotto sul mercato interno…
E allora, viva le donne perché, come dice la canzone, oltre alle gambe c’è di più.
Grazie e complimenti cara Marilena, per il tuo lavoro giornalistico molto professionale. Ci fa sempre piacere la tua testimonianza sull’Eritrea che sono fatti reali.