Ma l’ Eritrea ha fame? Sicurezza alimentare e progetti di sviluppo agricolo
L’Eritrea ha fame?
Sicurezza alimentare e svilippo agricolo in Eritrea.
L’Africa Sub Sahariana, nel 2011, ha registrato, secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), uno dei più alti tassi di crescita al mondo, 5.2%, rispetto a quello dei paesi industrializzati fermo all’1.6%.
L’Economist, in “The World in 2011”, colloca al primo posto per crescita economica (17%) l’Eritrea, paese che può raggiungere nel 2015 gli obiettivi di sviluppo del millennio (MDG), stabiliti dalle Nazioni Unite, primo fra tutti l’eliminazione di fame e povertà, perché non si debba vivere con meno di un dollaro al giorno.
A fine novembre 2012 ad Asmara ci sono state diverse riunioni del Consiglio dei Ministri (29-30 novembre, 3 dicembre) per un’analisi dei risultati raggiunti nei vari settori dell’economia e un coordinamento d’iniziative future, anche in previsione della seconda Conferenza Nazionali sugli Investimenti, (17-18 dicembre 2012), un incontro importante, un’apertura del governo agli investitori privati chiamati per contribuire all’accelerazione della crescita economica.
In Eritrea, nonostante il recente sviluppo del settore minerario, l’economia si basa sull’agricoltura cui si dedica più del 50% della popolazione.
Subito dopo l’indipendenza (1993) il paese ha cominciato a lavorare per lo sviluppo agricolo, partendo dalla bonifica dei campi inariditi dalla guerra e non più coltivabili.
Per renderli più fertili si è puntato sulla conservazione dell’acqua piovana, un bene prezioso in un paese con vaste zone desertiche, decidendo di creare invasi per portare l’acqua verso il bassopiano e la costa, dove le precipitazioni sono scarsissime.
I progetti agricoli, cominciati negli anni Novanta, interrotti durante il conflitto con l’Etiopia (1998-2000), sono ripresi nel 2009 con un’intensa piantumazione soprattutto di alberi da frutto, in zone dove ormai predominavano le infestanti e con un’irrigazione capillare, realizzata senza costose tecnologie, sfruttando la forza di gravità.
Passi successivi per superare il problema delle scarse precipitazioni sono stati quelli di costruire nuove dighe, invasi e terrazze per impedire l’erosione del suolo, livellando i terreni. Inoltre la deviazione dell’acqua fluviale verso il bassopiano (Nakfa, Afabet, Ghinda, Gelao, Foro) fino a Massawa, ha reso possibile coltivare terreni molto aridi.
Fin dall’inizio della sua storia, l’Eritrea indipendente, ha rifiutato il ruolo di Africa bisognosa, Africa di seconda classe, uno stereotipo duro a morire se, nel 1994, gli esperti della Banca Mondiale arrivati in Eritrea con piani di sviluppo ad hoc, si stupiscono che il paese voglia fare da sè.
L’Eritrea ha capito che gli “aiuti” il più delle volte forniscono il pesce ma non la lenza, così decide che il cibo non dev’essere donato dall’estero, bisogna, invece, creare nel paese le condizioni perché i mercati siano pieni. Dal 2007 a oggi la produzione agricola è passata dal venti all’ottanta per cento, raggiungendo l’obiettivo della sicurezza alimentare e avviando l’esportazione.
Durante il Consiglio dei Ministri dello scorso novembre, il presidente Isaias Afwerki ha polemizzato con i dati forniti degli indici internazionali, perché, dice, non tengono conto del miglior tenore di vita della gente.
L’Eritrea è sempre in fondo a classifiche che, con la presunta oggettività dei numeri, le assegnano valori che rispecchiano basse aspettative di vita, insicurezza alimentare, mortalità infantile, senza precisare però, come nel caso dell’ultimo Global Hunger Index (2012) che le estrapolazioni utilizzano dati fermi al 2008-2010, per questo motivo lontani dalla reale e costante crescita del paese.
A settembre 2009 la Delegazione della Commissione Europea ha firmato con l’Eritrea un protocollo in linea con le scelte del paese, (Country Strategy Paper) grazie al quale, nel quinquennio 2009-2013, il Paese riceverà 122 milioni di euro per sicurezza alimentare e riabilitazione delle strutture, potenziamento della raccolta delle acque, sistemi d’irrigazione, sviluppo e manutenzione stradale.
Percorrendo la strada, peraltro bellissima, che porta da Asmara a Massawa si fiancheggiano terrazzamenti, invasi, piccoli laghetti artificiali per conservare e incanalare, con l’acqua piovana che cade da giugno a metà settembre, la ricchezza della terra.
Lo sviluppo agricolo di questi ultimi anni ha portato frutta e verdura in tutti i mercati del paese, non solo ad Asmara, scongiurando il pericolo carestia, anche se media e ong, parlando del dramma del Sahel, vi includono l’Eritrea, fortunatamente indenne.
Lo scorso maggio ho visitato mercati grandi e piccoli in molte zone del paese e a Taulud, l’altro braccio di Massawa, due giovani donne davanti ai loro banchi di frutta e verdura, mi hanno detto che, se avessi scritto che il loro è un paese povero e senza cibo, non si sarebbero fatte fotografare, perché “l’Eritrea non ha fame”.
I’m an Eritrean and I’m really happy proud to read this good news.
We pray God to give everyone on this world a big help.
Peace to all the people.
Michele