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Lettera di Iohannes Ghirmai: a Ginevra contro le accuse all’Eritrea

Marilena Dolce
23/06/16
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Dopo la manifestazione di Ginevra (21giugno) EritreaLive riceve e volentieri pubblica la lettera di un giovane eritreo, Iohannes Ghirmai, che respinge le accuse della Commissione d’Inchiesta e sogna per l’Eritrea un futuro di pace

LETTERA di Iohannes Ghirmai

Il 20 giugno, giorno prima della manifestazione di Ginevra, abbiamo onorato i nostri martiri, persone che hanno dato la vita per il paese, persone per le quali siamo qui oggi.
La Commissione d’Inchiesta, (COI, Commission of Inquiry) ci accusa di crimini, dal 1991, anno dell’indipendenza dell’Eritrea, prima c’era il colonialismo.

A onor del vero, debbo dire che i vecchi razzisti del colonialismo, monarchico prima, fascista poi, avendo una conoscenza dei territori occupati, partivano da un background razzista tout court, ma quando s’impattavano con la realtà delle colonie e ne dovevano riportare le descrizioni (razziste comunque, di norma) risultavano incredibilmente più reali di quelle fornite dagli odierni “sedicenti giornalisti”, “africanisti” “esperti degli esteri vari”, persone con un background in teoria (in teoria!) antirazzista che finisce per fare resoconti sull’Eritrea di un razzismo che sfiora l’assurdo e l’ilare.

Purtroppo essendo in molti a ripetere più e più volte falsità contro l’Eritrea, qualcosa nell’uditorio occidentale rimane. Riportando cento, mille, un milione di volte una falsità, questa diviene una “verità”, ci si abitua.

Quello che lascia esterrefatti è che la campagna di diffamazione sull’Eritrea è andata molto avanti, arrivando a essere argomento politico di una commissione legata all’Onu. Il rapporto del COI ha un elevato livello di partigianeria anti Eritrea, oserei dire quasi acredine personale.

Tutto il rapporto è viziato dal modo in cui hanno raccolto i dati: testimonianze di anonimi eritrei (?!) molti dei quali ascoltati in Etiopia, paese con il quale l’Eritrea si trova in una situazione di no guerra-no pace. Già questo dovrebbe far capire il quadro nel quale sono inserite le accuse contro l’Eritrea, aggiungo, per chi non lo sapesse, che il governo dell’Etiopia è una pedina fondamentale per gli interessi geopolitici degli Usa.

Delle accuse contenute nel rapporto del COI la parte che più mi ha infastidito e fatto riflettere è l’accusa secondo la quale in Eritrea le donne verrebbero stuprate abitualmente come fosse quasi una normalità istituzionalizzata. Inizialmente sono rimasto di sasso, non potevo credere che fossero riusciti a scrivere quelle parole. Poi ho cercato di razionalizzare.

Gli occidentali, mediamente, non sanno nulla dell’Eritrea. Se si desidera catturare l’attenzione e indirizzare un’emozione che implichi la repulsione e la demonizzazione di un soggetto politico, cosa c’è di meglio dell’evocare immagini riguardanti barbarici stupri ?

Questa propaganda shock può funzionare per l’Occidente, ma per chi conosce un poco l’Eritrea e gli eritrei, come molti italiani, l’accusa appare l’aberrazione di una mente perversa.

Di “stupri” il COI può parlare perché conosce bene il livello di pregiudizio che c’è in Occidente nei confronti degli africani. Gli africani, secondo un vecchio stereotipo razzista, sarebbero tutti dei “negri” senza capacità di tenere a freno i propri istinti animaleschi, dunque è facile propinare una propaganda che narra elementi truculenti e selvaggi riguardanti qualche “esotico” e “incivile” paese africano.

L’Eritrea è un paese povero, non misero, c’è un abisso tra le due condizioni.

Se c’è una cosa di cui sono innamorato dell’Eritrea (sembra autoreferenziale ma non lo è, ho vissuto quasi tutta la vita in Italia, riesco ad avere uno sguardo distaccato), è proprio il naturale rispetto tra le persone, ovviamente anche verso le donne.

Tale rispetto è parte della nostra tradizione, è un costume antico ma, con la guerra d’indipendenza, c’è stata un’ accelerazione progressista sulle tematiche femminili. Ricordiamoci che erano molte le donne guerrigliere e la politica del Fple era incentrata sull’uguaglianza di genere.

Racconto un piccolo aneddoto famigliare. Mia zia, donna forte e coraggiosa, che ha perso figli e nipoti nelle varie guerre, cresciuta con un retaggio culturale di tipo conservatore, subito dopo la liberazione era felicissima, come tutti gli eritrei, ma con l’amaro dentro, per aver perso suo figlio, da anni in guerriglia come molti altri, morto appena poco prima della liberazione di Asmara, in uno degli ultimi sforzi (19/5/1991).

La zia vedeva donne guerrigliere che guidavano camion, che facevano tutto, come i guerriglieri uomini, vedeva le coppie musulmano-cristiane formatesi nella guerriglia ed era un po’ scossa, perché tutto ciò contrastava con la sua educazione tradizionale, ma ha capito, si è abituata, ha accettato.

In fin dei conti, diceva, non erano estranei a portare queste idee progressiste che non venivano nemmeno dall’alto, venivano da gente come suo figlio, ora sepolto sottoterra. Credito e rispetto per queste idee erano dovute. Così è cominciata, senza più fermarsi, una politica attenta alle tematiche femminili. È di questo paese che stiamo parlando quando lo si accusa di stupri sistematici.
Se anche non avessi radici in Eritrea me ne innamorerei, sarei eritreo nel cuore.

Per concludere, giorni fa, il 12 giugno, in Eritrea si sono fatti sentire segnali di guerra, una brutta notizia.

Spero che il popolo etiope faccia sentire la sua voce per spingere verso la pace i due paesi.

Una volta l’Etiopia era il faro dell’orgoglio indipendentistico, ora lo è l’Eritrea ma potrebbero esserlo entrambe, basterebbe che il governo dell’Etiopia, in un moto di orgoglio ritrovato, cessasse la politica furba ma di corto respiro, di vicinanza con il più forte (Usa).

Nella pericolosa situazione di possibile escalation io ho un sogno, che tra Eritrea ed Etiopia scoppi la pace, s’instauri la giustizia, ci sia reciproco rispetto.

Marilena Dolce

Marilena Dolce, giornalista. Da più di dieci anni viaggio verso il Corno d'Africa e da altrettanti scrivo ciò che vedo. Soprattutto per Eritrea ed Etiopia ma non solo. Dal 2012 scrivo per EritreaLive, notizie e racconti in diretta dall'Eritrea. Perchè per capire il mondo bisogna uscire dal proprio quartiere, anche solo leggendo.

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