Giovedì 15 marzo l’Etiopia ha attaccato tre campi di addestramento militare eritrei, situati a 14, 17 e 18 chilometri dai propri confini di nord-est.
Il portavoce del governo di Addis Abeba, Shimeles Kemal ha dichiarato che la decisione è stata presa per fermare il sostegno accordato dall’Eritrea a gruppi armati contro il governo centrale.
Il riferimento è al gruppo indipendentista Arduf (Fronte Unito Democratico Afar) che lo scorso 18 gennaio ha ucciso e rapito un gruppo di turisti europei nella zona limitrofa al vulcano Erta Ale, in Dancalia.
Arduf, che al momento del rilascio degli ostaggi tedeschi ha ribadito la propria autonomia, non è nuovo a episodi di questo genere.
Nel 2007, infatti, aveva rapito un gruppo di europei ed etiopi e oggi, grazie a un rapporto confidenziale dell’Ambasciatore inglese ad Asmara verso il proprio governo, reso noto da Wikileaks, si possono leggere le loro motivazioni.
Durante i negoziati condotti dal governo di Asmara, gli Afar hanno espresso tre precise richieste: riconoscimento politico, restituzione della concessione delle miniere di sale abolita dal governo etiope, rimborso da parte etiope per il sale raccolto negli anni passati.
Sembra evidente che l’interlocutore del gruppo Afar (etnia presente sia in Eritrea sia in Etiopia) sia stato e di fatto continui a essere il governo etiope che tuttavia addossa ad Asmara la responsabilità della vicenda.
La posizione del governo di Addis Abeba sui vicini eritrei è molto chiara: lo scorso aprile 2011, Meles ha dichiarato, durante una sessione del parlamento, che il suo Paese “sosterrà l’opposizione eritrea per rovesciare la dittatura di Asmara”.
Dietro la decisione etiope delle incursioni in territorio eritreo, ultima quella di sabato 17 marzo avvenuta nella zona di Badme, c’è il conflitto del 1998-2000 sul confine tra i due paesi.
Il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non è riuscito a far rispettare all’Etiopia il verdetto “definitivo e vincolante” espresso dall’accordo di Algeri del 2002 (Eritrea Etiopia Boundary Commission) a favore dell’Eritrea.
Dopo la lunga guerra che ha fatto conquistare all’Eritrea, nel 1993, l’indipendenza dall’Etiopia, i due paesi hanno combattuto nuovamente dal 1998 al 2000 lacerandosi e perdendo molte vite per una rivendicazione territoriale etiope. L’accordo di Algeri pur riconoscendo la ragione eritrea, non è rispettato dall’Etiopia che costringe l’Eritrea di questi anni a un destino, di “non pace e non guerra”, certamente non il migliore per garantire al paese crescita e sviluppo.
Asmara ancora una volta paga a caro prezzo, la propria indipendenza, la propria ostinata ruvidezza e mancanza di attenzione verso le “amicizie internazionali”, come dimostrato dall’insofferenza per il monitoraggio di pace voluto dalle Nazioni Unite per Eritrea ed Etiopia (UNMEE) dopo l’accordo di Algeri e interrotto anzitempo dagli Usa per la rigidità di Asmara interessata “solo” al rispetto dei patti raggiunti.
Il risultato è che oggi il suo territorio è stato invaso e la stampa internazionale tace.
La richiesta eritrea al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di fermare l’Etiopia è rimasta, al momento, priva di risposta.
Inner City Press ha ottenuto una copia della lettera che l’Ambasciatore eritreo in America ha consegnato al Consiglio di sicurezza nella quale l’Eritrea si domanda per quanto tempo ancora il consiglio tollererà la trasgressione della legge e la violazione della sovranità di uno stato membro delle Nazioni Unite.
La Gran Bretagna ha detto di essere “profondamente preoccupata”, gli Usa e l’Unione Europea hanno esortato i due paesi alla “moderazione”. La stampa nazionale italiana si è limitata a riportare le agenzie e la Farnesina a condannare “con fermezza ogni ricorso alla violenza che non può mai essere strumento per la soluzione delle controversie”.
Ma come mai la situazione che coinvolge l’Eritrea ha una priorità così bassa nell’agenda delle Nazioni Unite? Il Guardian si chiede se tale superficilità sarebbe possibile nel caso l’Argentina inviasse di nuovo truppe nelle Falklands oppure se la Russia decidesse di finire il lavoro in Georgia ma, conclude l’articolo, l’Eritrea di Afwerki isolata e senza amici, oggetto di sanzioni da parte dell’Onu, è un bersaglio facile per l’Etiopia, considerata dagli americani strategica per la sicurezza nella zona del Corno d’Africa e baluardo cristiano contro l’islam.
L’Etiopia, negli ultimi tre anni ha ricevuto dagli Usa più di due miliardi di dollari, destinati a sviluppo, infrastrutture, aiuti umanitari e armi.
L’attenzione internazionale dovrebbe ora essere rivolta verso gli Stati Uniti perché impongano immediatamente all’Etiopia il rispetto del territorio eritreo, se non altro per continuare a ricevere gli aiuti da un paese che non dovrebbe avallare una politica di questo genere né nel Corno d’Africa né altrove.
Marilena Dolce
Marilena Dolce, giornalista. Da più di dieci anni viaggio verso il Corno d'Africa e da altrettanti scrivo ciò che vedo. Soprattutto per Eritrea ed Etiopia ma non solo. Dal 2012 scrivo per EritreaLive, notizie e racconti in diretta dall'Eritrea. Perchè per capire il mondo bisogna uscire dal proprio quartiere, anche solo leggendo.
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