Asmara, l’arcobaleno dopo la pioggia
DI AMAN ABRAHA, DIARIO DI UN ERITREO
Nato ad Asmara, Ghezza Banda, scuole italiane, laurea in Scienze Politiche a Perugia, un lavoro a Milano, Aman non ha mai smesso di amare il suo Paese che ha deciso di raccontarci in italiano, lingua che parla e scrive molto bene, per aiutarci, con garbo, a dipanare una matassa di mezze verità e false certezze.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitó che
dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade
“La pioggia nel pineto” Gabriele D’Annunzio
Pioviggina, cielo plumbeo, lugubre, uggioso. Gocce che sembrano divertirsi a centrarti gli occhiali, animo nervoso e triste.
Eppure ho sempre amato la pioggia.
Ricordo quando ad Asmara mia madre, improvvisandosi meteorologa, scrutava l’orizzonte e diceva: «se ad Adi Nifas è nuvolo, vuol dire che sta per arrivare la pioggia, quindi non si esce».
Noi bambini però ci consolavamo subito perché cominciava lo spettacolo: la pioggia dalla finestra, il ticchettio della grandine sopra i tetti, un divertimento!
Mia madre a ogni rombo di tuono esclamava: «Maharena Goyta» cioè, Signore salvaci e, ripetendolo per tre volte, ci toglieva dalla finestra perché, diceva, il fulmine avrebbe potuto entrare in casa e combinare chissà quale macello.
Intanto noi aspettavamo che finisse la pioggia, con la speranza che, subito dopo, cadessero per terra i frutti del Casimiro. E poi la gioia di andare a comperare, dopo la pioggia, i beles per tornare a casa con in mano il siltania, una specie di contenitore nel quale venivano messi i frutti.
Ma la nostra gioia più grande erano le scalinate di Ghezabanda; si correva là per vedere scendere l’acqua piovana che formava minuscole cascate nelle quali noi, immaginandole come quelle di May Jah Jah, ci immergevamo a piedi nudi.
Poi merenda, tè caldo e himbashà, la nostra torta preferita. E ancora fuori col golfino o qualsiasi altra cosa sulle spalle, per rincorrere quelle strane farfalle, le isele, che arrivano dopo la pioggia e magari avere la fortuna di vedere, improvvisamente, spuntare all’orizzonte un magnifico arcobaleno con tutto il suo carico di colori e significati.
Ecco, auguro un magnifico arcobaleno ai miei amici eritrei, perché ricordino che, dopo la tempesta arriva l’arcobaleno…
Casmiri, fichi d’india (beles*), hmbascià… quanti bei ricordi…
* Per chi conosce il tigrignà. “Baal beles!” “Uoh!” “Maaccorcà te kales!).