EritreaLive Intervista Yemane Ghebreab
ASMARA, EritreaLive Intervista Yemane Ghebreab, responsabile del People’s Front for Democracy and Justice (PFDJ)
1993-2013 una ricorrenza importante per l’Eritrea, vent’anni d’indipendenza de iure dopo il referendum nel 1993, conquistata con una lotta durissima e molti caduti.
Scrive l’economista Dambisia Moyo che l’Occidente ritiene che la democrazia sia garantita dalla presenza di molti partiti, invece, in Africa, multipartitismo e democrazia non sono sinonimi.
L’estero accusa l’Eritrea di aver chiuso il paese, escludendo la democrazia (occidentale), qual è il punto di vista del governo eritreo?
L’Eritrea crede che democrazia significhi “governo del popolo, dal popolo, per il popolo”.
Non è d’accordo con chi ritiene che la democrazia sia il semplice risultato di elezioni regolari e multipartitismo, senza curarsi della sostanza del governo “eletto” in questo modo.
Inoltre, elezioni di questo tipo nei paesi in via di sviluppo sono quasi sempre basate su intrecci di gruppi etnici, interessi economici e interferenze esterne che rendono il concetto di democrazia una parodia, qualunque sia la procedura scelta.
L’Eritrea crede fermamente che la costruzione di un’autentica e duratura democrazia debba essere un processo politico, economico, sociale e culturale che nasce e si sviluppa all’interno del paese.
Per questo fa affidamento sulla grandissima partecipazione alla vita politica degli eritrei, in patria e all’estero, sul consolidamento delle organizzazioni giovanili, delle donne, dei lavoratori e dei professionisti e su uno sviluppo economico che sia diffuso in tutto il paese, sul miglioramento dell’istruzione, sul rispetto della dignità, dei diritti e dell’eguaglianza dei cittadini. È questo il modo per fondare su solide basi le istituzioni politiche, amministrative, giudiziarie.
Gli occidentali non si aspettano, in un prossimo futuro, che paesi in via di sviluppo raggiungano economicamente i paesi ricchi, ma insistono che si debba avere subito la stessa “democrazia”.
In questo modo dimenticano la loro stessa storia.
Ma l’Eritrea è isolata?
Obiettivamente l’Eritrea non è isolata.
Ancora più importante è che il governo abbia l’appoggio della stragrande maggioranza degli eritrei, in patria e all’estero.
Verso l’esterno l’Eritrea non è succube di nessun altro Paese e segue una politica estera indipendente basata su benefici reciproci, sulla pace e stabilità nella regione.
L’Eritrea rispetta le decisioni internazionali com’è avvenuto nel caso della disputa per il confine con l’Etiopia. (ndr, Accordo di Algeri, 2002, risoluzione delle Nazioni Unite, non rispettata dall’Etiopia, che stabilisce Badme territorio eritreo).
Gode di buone e proficue relazioni con molti dei Paesi vicini nel Corno d’Africa e nella regione del Golfo, come pure con i più importanti Paesi della comunità internazionale.
Inoltre sta attraendo crescenti investimenti esteri nei settori minerario, dell’energia, manifatturiero, turistico e delle infrastrutture.
Sfortunatamente l’immagine dell’Eritrea dipinta da alcuni Paesi occidentali è in contraddizione con questa realtà, ciò è dovuto principalmente all’ostilità degli Usa che, nel corso della storia, hanno sostenuto i governi autoritari dell’Etiopia che si sono via via succeduti a spese delle aspirazioni del popolo eritreo.
Sulla Somalia la posizione dell’Eritrea è stata travisata: l’Eritrea supporta fortemente l’attuale governo somalo ne apprezza gli sforzi di dialogare con tutti i somali e si oppone a interventi negativi negli affari interni della Somalia.
In Eritrea ci sono organizzazioni sindacali, delle donne, dei giovani, l’istruzione è garantita a tutti come pure la sanità. I mercati sono pieni, la sicurezza alimentare raggiunta, come mai allora il Global Hunger Index 2013 stila una classifica che lascia il Paese in fondo? Reporter Without Borders, accusa il Paese di censurare l’informazione e Human Rights Watch vede l’Eritrea come «una prigione a cielo aperto».
Cosa non ha funzionato con queste organizzazioni?
Ci sono molte cose positive in Eritrea.
Oltre a quanto da lei menzionato l’Eritrea è uno dei cinque Paesi africani che riusciranno a raggiungere i Millennium Development Goals (ndr, Obiettivi di Svilippo del Millennio, http://www.eritrealive.com/undp-millennium-development-goals-quinto-obiettivo-non-morire-di-parto/). Ha la più alta aspettativa di vita in Africa.
In una regione tormentata da conflitti religiosi ed etnici, in Eritrea tutte le fedi vivono in armonia. Moschee, chiese, cattedrali, persino sinagoghe coesistono pacificamente.
Gli eritrei vedono tutte le tv via satellite, senza restrizioni, nella capitale ci sono internet cafè quasi a ogni angolo.
Noi eritrei siamo i primi ad ammettere problemi e carenze. Abbiamo capacità autocritica perché pensiamo sia sbagliato autocompiacersi, che la gente meriti di più.
Accettiamo senza riserve le critiche obiettive da chiunque, però ci aspettiamo un riconoscimento per i traguardi raggiunti.
Crediamo che i detrattori dell’Eritrea sarebbero più credibili se presentassero un quadro equilibrato della realtà eritrea.
Sfortunatamente sembrano mettere il massimo impegno nel servire l’agenda politica di quelli che li finanziano, bramosi di recitare la parte per cui sono pagati. Prova ne è che sono le stesse organizzazioni che con slancio e zelo lodavano il governo eritreo quando era in buoni rapporti con gli Stati Uniti.
L’Eritrea ha avuto, prima degli altri, il coraggio di bandire dal Paese le ong non trasparenti. A giugno 2012 l’allora ministro Riccardi, in visita ufficiale in Eritrea, ha parlato con il presidente Isaias Afwerki, concordando una cooperazione tra Eritrea e Italia.
Sarà una cooperazione non più “caritatevole”, in linea con le esigenze di sviluppo del Paese “ricevente”, come dichiarato durante il Forum della Cooperazione Internazionale dello scorso ottobre?
La cooperazione si basa sul concetto di partnership.
Noi crediamo che il paradigma “donatore/ricevente” abbia fallito e sia superato. La cooperazione può funzionare solo se esistono interessi comuni.
Questo è il motivo per cui ci focalizziamo sul commercio e sugli investimenti, non sui sussidi che creano dipendenza.
Sia l’Europa sia l’Africa stanno cambiando, così come anche il resto del mondo.
C’è uno spostamento significativo nella situazione economica globale.
Oggi l’Europa ha bisogno dell’Africa tanto quanto l’Africa ha bisogno dell’Europa.
Purtroppo persistono le vecchie abitudini e molti paesi europei sembrano vivere nel passato. L’Eritrea crede che debbano nascere nuove relazioni e partnership coerenti con le attuali tendenze economiche.
L’Eritrea intende perseguire questo obiettivo con relazioni di partnership con l’Italia, con cui ha storici legami e con gli altri Paesi che condividono questo spirito.
Marilena Dolce
@EritreaLive
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