Eritrea: Migrazione e diritto d’asilo, intervista all’ambasciatore Fesshazion Pietros
La puntata di Porta a Porta di martedì 8 settembre ha registrato altissimi indici d’ascolto per la presenza in studio degli eredi Casamonica, figlia e nipote, che spiegavano le virtù del loro congiunto e il suo chiacchierato funerale.
Anche la seconda parte della trasmissione però, “rifugiati, guerra tra governo e opposizione”, è stata molto interessante, riservando qualche sorpresa.
Per introdurla Bruno Vespa, dopo aver presentato gli ospiti, Giorgia Meloni, (Fratelli d’Italia) ed Emanuele Fiano, (Pd, responsabile riforme istituzionali e sicurezza), ha mandato in onda la lapidaria dichiarazione di Matteo Renzi che, la sera prima, riferendosi al numero di immigrati in Italia aveva detto: “non siamo invasi”. Anzi c’è ancora posto, i comuni in Italia sono 8.000 (cinquemila con meno di tremila abitanti) mentre quelli che stanno accogliendo i migranti sono solo 500.
Ma chi sono i migranti che attraversano l’Italia e da dove arrivano? Innanzi tutto dall’Africa, dalla rotta orientale, partendo da Kenya, Uganda, Sud Sudan, Etiopia, Somalia ed Eritrea per raggiungere Tripoli e imbarcarsi verso Lampedusa, attraversando il Mediterraneo.
Viaggi, traffico e mafie che abbiamo imparato a conoscere ma non ancora a eliminare.
I motivi per cui queste persone abbandonano i loro paesi, affrontando pericoli, sfidando la morte e pagando i trafficanti, sono differenti. Si fugge, con le famiglie e i bambini, da stati sgretolati o inesistenti, oppure dalle persecuzioni religiose di Boko Haram in Nigeria e dalla guerra in Siria che ha reso la vita impossibile. Ma si scappa anche dalla povertà, da soli, per preparasi un destino migliore all’estero, come accadeva agli europei che un tempo dai paesi più poveri, ancora non uniti, andavano a lavorare in quelli più ricchi.
Angela Merkel ha dichiarato che “la questione migratoria è la sfida più grande per l’Unione Europea” di oggi.
Ora il bandolo della matassa che l’Europa deve trovare è sui numeri e sulla modalità di accoglienza, chi accettare e chi no.
Dunque l’Europa, quanti di questi migranti che arrivano da paesi così diversi, può e deve accogliere?
Nel 2014, dati Unhcr, (United Nations High Commissioner for Refugees) in Francia ne sono arrivati 252.264, in Germania 216.973, in Svezia 142.207, in Inghilterra 117.161, in Italia 93.715 e nei Paesi Bassi 82.494. Di queste richieste di asilo la Francia ne ha accolte 20.640, la Germania 47.555, la Svezia 33.025, l’Inghilterra 14.055, l’Italia 21.861 e i Paesi Bassi 13.250.
La domanda ora è: “come stabilire nuove regole per dare asilo, trovando linee guida comuni, nel rispetto delle leggi di ciascun paese?”. Innanzi tutto è necessario uscire dalla strettoia di Dublino che ha accollato il peso dell’arrivo a paesi, come l’Italia, che si raggiungono via mare che però, va detto, hanno aggirato l’ostacolo permettendo ai profughi di non farsi riconoscere per proseguire il viaggio, lasciando perciò gravare l’accoglienza sui paesi del Nord Europa.
Il tema delle regole per l’asilo è quello che affronterà in trasmissione l’onorevole Emanuele Fiano, spiegando che, se da un lato è giusto dare asilo a chi scappa dalla guerra e dalle persecuzioni, dall’altro è necessario, prima di decidere, conoscere chi emigra e perché.
“Solo quelli che provengono da paesi le cui condizioni ci permettono di verificare la loro richiesta” spiega Fiano “sono richiedenti asilo”, aggiungendo che non è semplice capire se un migrante nigeriano sta scappando dalle persecuzioni religiose o dalla mancanza di lavoro.Per fare ciò devono esserci strutture, mediatori culturali, interpreti.
Poi c’è un altro problema, continua l’onorevole, e riguarda le relazioni internazionali tra paesi e la possibilità di respingere chi richiede asilo in Italia.
“Faccio un esempio” dice Fiano “l’Eritrea è un paese sotto una dittatura militare, avvengono terribili esecuzioni, uccisioni, cose inguardabili bambini e donne stuprate. Ma se arrivassero richieste d’asilo che consideriamo non accoglibili, perché magari vengono da una parte di paese che in quel momento non è sottoposta a uccisioni, cosa potremmo fare? Noi abbiamo un rapporto con la dittatura eritrea? Potremmo rimandare a casa gente di quel paese? Per rimpatriare le persone bisogna avere rapporti bilaterali […]come con la Tunisia. Ne abbiamo rimpatriati 30mila, perché con la Tunisia c’è un rapporto diplomatico. Rimpatriare quando non ci sono rapporti diplomatici non è semplice.
Domande interessanti, rimaste aperte, che EritreaLive ha posto all’ambasciatore dello stato d’Eritrea in Italia, Pietros Fesshazion.
Ambasciatore Fesshazion sul problema dei rimpatri l’onorevole Emanuele Fiano ha detto che è difficile farlo quando non ci sono rapporti bilaterali, ma questi rapporti tra Italia ed Eritrea esistono?
Certo. Rapporti bilaterali tra Eritrea e Italia ci sono sempre stati, tanto è vero che l’anno scorso il vice ministro degli Affari Esteri Lapo Pistelli, con una delegazione, ha visitato l’Eritrea, ha avuto colloqui con le autorità eritree. Quest’anno è arrivata un’altra delegazione, credo fosse aprile, composta da molte persone del ministero degli Affari Esteri italiano, dipartimento politico, cooperazione, immigrazione e cultura.
Poi ci sono le rispettive ambasciate ad Asmara e a Roma, ma questa è una cosa che tutti sanno. Io, senza difficoltà, ho incontri al MAE, anche con le persone che seguono l’Africa. Quindi non riesco a capire cosa intenda dire l’onorevole Fiano quando dice che non ci sono rapporti bilaterali. Un altro punto importante, cui l’Eritrea ha partecipato, è stato l’avvio del Processo di Khartoum, iniziato in Sudan a ottobre 2014 e continuato a Roma a novembre dello scorso anno.
L’onorevole Fiano ha detto che in Eritrea si compiono esecuzioni, uccisioni, stupri di donne e bambini, è questa la situazione nel suo paese?
Con tutto il rispetto per l’onorevole Fiano, mi dispiace dire che parla di qualcosa che non sa, parla per sentito dire. Tutte le nefandezze che dice non riguardano l’Eritrea, forse un altro paese costruito nell’immaginario. L’Eritrea ha i suoi problemi, come tutti i paesi, in Africa e nelle altri parti del mondo ma quello che lui descrive non è il nostro paese, è un paese come viene immaginato e descritto dalle campagne denigratorie in atto da anni contro l’Eritrea che lasciano un segno anche su persone di alto livello, parlamentari che, come l’onorevole Fiano, prendono per buono quello che dice la stampa.
L’Eritrea è un paese che vuole camminare da sé, che cerca di essere indipendente nelle decisioni politiche e questo non piace a certe potenze che hanno promosso una campagna di disinformazione e diffamazione che dura ormai da anni.
Se l’Italia non riconoscesse il diritto di asilo ai richiedenti eritrei, perché il paese non è in guerra, perché non sono perseguitati per motivi religiosi o politici, cosa accadrebbe in caso di rimpatrio?
Non accadrebbe niente. Lo dico con sicurezza perché molti eritrei ritornano al paese; anche coloro che hanno ottenuto asilo politico nei paesi scandinavi, in estate tornano al loro paese e non gli succede nulla.
Vorrei ricordare che il rapporto della Danimarca è chiaro: il Danish Immigration Service (DIS) dice che il 99,9% degli eritrei che arrivano in Europa emigra perché il paese si trova in una situazione economica molto difficile, aggiungendo che se tornano non succede niente. Lo stesso ha detto l’inglese Home Office guidance (ndr, report febbraio 2015), lo stesso la Norvegia che da quando si è accorta che una volta ottenuto l’asilo politico gli eritrei tornano in patria senza che succeda niente, nei ‘travel document’ che rilasciano hanno escluso l’Eritrea.
Non rischia nulla chi è emigrato illegalmente se ritorna in Eritrea, purché precedentemente non si sia macchiato di crimini. Perché qualcuno è anche criminale.
Secondo lei gli eritrei che raggiungono l’Italia, chiedono asilo o sperano di non essere identificati per proseguire il viaggio verso altri paesi europei?
Come dicevo, se io chiedo asilo politico lo chiedo nel primo paese dove approdo, perché ne va della mia incolumità, se sono un rifugiato politico. Ma se scelgo il paese con migliori possibilità economiche non m’interessa il paese di primo arrivo, proseguo verso i paesi che offrono di più dal punto di vista economico. Ecco perché l’Italia è solo un paese di transizione dove nessuno si ferma. Anzi scappano dalle strutture in cui vengono ospitati per evitare che la polizia prenda le impronte digitali, non vogliono essere riconosciuti per proseguire verso il Nord Europa.
Mi lasci aggiungere che mi dispiace che chi rappresenta il popolo italiano e ha responsabilità nei confronti degli elettori denigri gratuitamente un Paese, senza sapere come stanno le cose, parlando per sentito dire, come in questo caso.
Dunque, se è lecito che l’Europa s’interroghi sui numeri dell’accoglienza, ricordando che, fonte Unhcr, l’86% di rifugiati è accolto dai paesi del terzo mondo, sarebbe anche bene che i politici che si pongono le domande avessero una conoscenza di prima mano dei paesi di cui parlano.
Forse l’Europa dovrebbe ricordare ciò che scriveva vent’anni fa Jürgen Habermas: “Ma chi ha in generale diritto all’immigrazione? […] È evidente che per profughi in fuga da una guerra civile c’è il diritto a ricevere asilo temporaneo. Sennonché la gran massa di coloro che intendono emigrare è sempre stata formata, a partire dalla scoperta dell’America, e ancor più dall’incremento esplosivo dell’emigrazione mondiale nel corso dell’Ottocento, sia da immigrati in cerca di lavoro, sia da profughi in fuga dalla povertà, i quali cercano nel loro insieme di sottrarsi alla miseria sofferta in patria”.
È quest’immigrazione che l’Europa può fermare, sostituendo ciò che Habermas definiva “sciovinismo europeo del benessere” con una politica solidale, che aiuti i paesi da cui provengono i profughi in cerca di una vita migliore.
Marilena Dolce
@EritreaLive
Il sig. Fiano è uno dei tanti che sproloquia nelle reti televisive a proposito dell’Eritrea, Terra della quale non conoscono neanche la collocazione geografica. Questa profonda ignoranza, sinceramente, non mi stupisce. Non mi stupisce, ma mi rattrista il fatto che il Corpo Diplomatico dell’Ambasciata dello Stato Eritreo a Roma non si adoperi ad intervenire avendone centesimalmente diritto, ma si lasci torpiloquiare gratuitamente. Simili offese al Popolo Eritreo NON si possono accettare silenziosamente.
Cordialmente